SAN FRANCESCO D’ASSISI (L’Ora del Salento)

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thumbnail.jpg Sceneggiati televisivi, films, ricostruzioni storiche effettuate con ogni tipologia di audiovisivi, libri e musicals: della vita di San Francesco (1181-1226) abbiamo imparato a conoscere praticamente tutto da diversi decenni a questa parte. Nell’infanzia di ciascuno di noi, poi, quasi sempre c’è stato un viaggio-pellegrinaggio ad Assisi, nella verde Umbria impregnata di pace e di sacralità.Anche le raffigurazioni del Santo sono variegate, specie in questi ultimi tempi: c’è chi lo vuole pacifista ante litteram, chi un po’ animalista e ambientalista, chi contestatore dello “status quo” e comunque fustigatore delle classi privilegiate, incominciando da quella borghese di estrazione paterna.
Probabilmente Egli riuniva in sè tutti – o molti – di tali aspetti, e non è facile individuare il segreto della sua santità.
Eppure, come scrive Franco Cardini nel suo volume “Francesco d’Assisi” (Le Scie, Mondadori, 1989) alcuni punti fermi possono delinearsi: innanzitutto la sua piena ” disponibilità rispetto ai disegni della Provvidenza, in gioioso affidarsi ai suoi voleri.” (pag.202). Questo è forse il segno più grande della povertà di Francesco d’Assisi, vissuta, oltre che in senso materiale, innanzitutto come distacco “affettivo” dalle cose del mondo e persino dai propri desideri. Oggettivamente, solo chi non ha più attacchi e passioni terrene riesce a guardare in faccia la morte – che è lì presente davanti a te – e chiamarla “sorella“.
L’altro elemento straordinario di San Francesco fu il suo amore per la Verità, manifestata nell’ obbedienza alla gerarchia. Roma e la Santa Sede furono nella sua breve vita un chiodo fisso: qiualsiasi riforma, foss’anche la più giusta la più santa, diveniva per lui impensabile al di fuori o senza l’esplicita approvazione del magistero di Pietro. Scrive Cardini: “Non era forse Roma, con le sue splendide reliquie, una Nova Ierusalem?”
E quella medesima passione per la Verità lo spinse a testimoniare la fede nel Signore Gesù proprio in Terrasanta, da solo e lontano dal campo crociato, dinanzi al sultano Melek-el-Kamel, che se solo avesse voluto avrebbe potuto ucciderlo senza alcuna difficoltà, come del resto avvenne per altri predicatori cristiani in campo musulmano. Poco tempo dopo quell’accadimento, per esempio, cinque suoi frati da lui inviati a predicare in Marocco furono martirizzati senza troppi complimenti.
Nel settembre del 1224, due anni prima della morte, colui che aveva contemplato Gesù in fasce sino a proporre al mondo intero il presepio quale commovente scenario di preghiera, ricevette le stimmate per condividerne fino in fondo la Passione.
Fu così che la sera del 3 ottobre 1226 poteva festeggiare la sua nascita al Cielo, per partecipare, questa volta, alla gioia della Risurrezione.
Roberto Cavallo

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