SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE (L’Ora del Salento)

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senza-nome.bmp Fra i molti Santi che l’Ordine di San Francesco ha regalato alla Chiesa e all’umanità, un posto di preminenza spetta a Massimilano Maria Kolbe.
Come la figura di Giovanni Paolo II, anche quella di Massimilano (al secolo Raimondo Kolbe) si comprende pienamente alla luce del contesto storico polacco.
Nato l’8 gennaio 1894 nel villaggio di Zdunska Wola, nella Polonia occupata dalla Russia, avvertirà per tutta la vita questo suo “essere polacco”, che sarà pure, ancora più del suo essere cattolico, il motivo dell’arresto e dell’ internamento ad Auschwitz.
Nel 1907 entra nel seminario dei frati Minori conventuali, seguito presto dai due fratelli. Nel 1908 perfino i genitori intraprendono la medesima strada. Il 4 settembre 1910, a sedici anni, Raimondo Kolbe veste l’abito francescano assumendo il nome di Massimiliano.
Emessa l’anno successivo la professione dei voti religiosi, fu mandato a Roma per seguire gli studi in filosofia e teologia.
Qui rimase fino al 1919, imparando a conoscere anche le emergenti realtà culturali e politiche ostili alla Chiesa cattolica: fra tutte la potente Massoneria.
Animato dal desiderio di fare qualcosa “di più” per la vigna del Signore, fondò a Roma con alcuni confratelli la Milizia dell’Immacolata, che aveva come fine “la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici, in particolare dei massoni sotto il patrocinio della Vergine Immacolata ”
Della Madonna, come i cavalieri per le loro dame alle giostre medievali, questi uomini portavano sempre i segni distintivi: la medaglia miracolosa innanzitutto, coniata per la prima volta nel 1830 dietro indicazioni della Beata Vergine Maria a Santa Caterina Labourè.
Tornato a Cracovia nel 1919, appena le difficoltà di salute glielo consentirono – soffriva di tubercolosi, allora malattia mortale -, continuò il suo vasto impegno per l’Immacolata fondando una rivista mensile, dall’emblematico titolo “Il cavaliere dell’Immacolata”. Obiettivo principale era rinvigorire la stampa cattolica polacca nella dura battaglia culturale che si stava combattendo contro le “nuove” ideologie del tempo: marxismo, socialismo, razionalismo liberale,
nazionalsocialismo a sfondo razzista. Alla fine fu quest’ultimo a prevalere in tutta l’Europa centrale. Massimiliano Maria nel frattempo aveva creato una vera e propria “Città dell’Immacolata”, con sede nella tenuta agricola di Eresin, non distante da Varsavia: affianco al convento e alla chiesa vi erano la redazione e la tipografia. Ormai molti confratelli seguivano le iniziative di padre Massimiliano, che esportò la sua Città dell’Immacolata anche nell’Estremo Oriente, in Giappone.
Nel 1939 scoppiava la seconda guerra mondiale e la Polonia ne veniva subito coinvolta, invasa ad Est dall’Armata Rossa e ad ovest dalle forze armate naziste.
Il martirio e la fine del fondatore della Città dell’Immacolata sono noti: rifiutatosi di rinnegare le proprie radici polacche – il nome Kolbe era di lontana origine tedesca – e quindi di collaborare con l’esercito di occupazione, fu arrestato e deportato ad Auschwitz. Qui si offrì di essere condannato a morte in sostituzione di un povero padre di famiglia. Morì sepolto vivo in un bunker sotterraneo, dove i condannati erano abbandonati senza cibo e senza acqua.
Per le sue eroiche virtù umane e cristiane, e per tale ultimo straordinario atto d’amore fraterno, il 10 ottobre 1982 Giovanni Paolo II ha canonizzato in Piazza San Pietro il suo illustre connazionale.
L’Ora del Salento“, 07 ottobre 2006, pag.4

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