UN VESCOVO TRA I MUSULMANI: Pierre Claverie martire nell’Algeria che egli decise di non abbandonare (Corriere del Giorno, 19 aprile 2007, pag.6)

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claverie.jpg I recenti attacchi terroristici in Algeria, attribuibili ai nuovi gruppi islamisti direttamente legati ad Al Qaeda, ripropongono il Paese maghrebino alla ribalta della cronaca internazionale, cosa che non accadeva da tempo. Come si ricorderà negli anni ’90 l’Algeria visse una stagione di crisi istituzionale molto grave, con l’affermazione elettorale del Fronte Islamico di Salvezza (FIS), prima nelle elezioni municipali e poi al primo turno di quelle legislative. Un colpo di Stato in senso presidenziale del partito tradizionalmente al potere (il FLN) evitò il consolidarsi del risultato elettorale favorevole ai fondamentalisti del FIS. Ma da quel momento – era il 1992 – incominciò per l’Algeria una vera e propria guerra civile, che per circa 10 anni ha causato la morte di quasi 200.000 persone.

Attentati dinamitardi ed esecuzioni sommarie si ripeterono a catena. Obiettivo di quelle violenze, controbilanciate da analoga efferatezza da parte delle forze di sicurezza algerine, furono non solo funzionari e militari dell’apparato statale, ma anche gente comune accusata di volta in volta di contrastare o comunque di non sostenere a sufficienza gli islamisti radicali. Nella mattanza che ne seguì persero la vita anche molti Algerini non musulmani. Fra questi ultimi vi furono ovviamente gli esponenti della piccola comunità cristiana d’Algeria, costituita per lo più dai lavoratori stranieri e dai discendenti dei cosiddetti Pieds Noirs.

Nipoti e pronipoti dei colonizzatori francesi, i Pieds Noirs prima dell’indipendenza dell’Algeria – avvenuta nel 1962 – erano circa un milione, e si sentivano ormai da generazioni Algerini a tutti gli effetti, condividendo con 9 milioni di Islamici un paese grande ben 8 volte l’Italia. I numeri e le proporzioni mutarono drasticamente dopo l’indipendenza, allorchè quasi l’intera comunità francofona, per timore delle inevitabili ritorsioni, abbandonò il paese maghreb ino per rifugiarsi in Francia. Qualcuno, però, nonostante tutto decise di rimanere. La Chiesa cristiana d’Algeria subì i contraccolpi di quell’esodo, e molti istituti religiosi chiusero le loro case. Ma anche in questo caso, ci furono uomini e donne che decisero comunque di restare in quella che ormai consideravano la loro patria e la loro terra di servizio, per testimoniare il Vangelo sia pure in un contesto radicalmente nuovo. I primi tempi successivi all’indipendenza furono gli anni del cosiddetto socialismo islamico, che puntava sullo sfruttamento delle risorse petrolifere per fare dell’Algeria un paese all’avanguardia e leader del terzo mondo. In quegli anni c’era un gran bisogno, in tutti i settori, di tecnici e professionisti preparati, e così i cattolici rimasti, compresi i missionari e le suore, furono accettati nella corsa all’ammodernamento sociale ed economico del Paese. Ma con la crisi degli anni ’80 la gente perse fiducia nei faraonici quanto fallimentari progetti socialisti del governo e cominciò a prendere piede un po’ ovunque la propaganda fondamentalista ed intollerante.

Pierre Claverie fu tra quei pochi Pieds Noirs che avevano deciso di non abbandonare l’Algeria: giovane scout, poi religioso domenicano, sacerdote, quindi vescovo di Orano. Morirà alle 22.48 del 1° agosto 1996, insieme al suo autista, dilaniato da una bomba esplosa proprio all’ingresso della casa vescovile.

La storia della sua vocazione e del suo martirio è narrata da Jacques Perennes, confratello domenicano nonchè per 10 anni suo collaboratore in Algeria, nel volume edito da Città Nuova: “Un Vescovo tra i Musulmani. Pierre Claverie martire in Algeria” (Roma, 2004, pagg. 396, euro 25,00).

Il libro delinea innanzitutto la figura del sacerdote e del vescovo Claverie: figlio del suo tempo, segnato dai grandi sconvolgimenti culturali ed ideologici degli anni ’70 e ’80, tanto in Occidente che nel Maghreb islamico. Anche per la Chiesa cattolica erano momenti difficili: sono gli anni del post-concilio che impongono un rinnovato impegno specialmente nel campo del dialogo ecumenico ed inter-religioso. Pierre Claverie si tufferà in questa missione, che considererà il principale obiettivo della sua vita: costruire ponti di dialogo fra Islam e Cristianesimo, anche a costo di rinnegare la sua cultura d’origine. Consapevole delle difficoltà di quella missione, eccellente conoscitore della lingua araba, amerà circondarsi di amici musulmani. Non abbandonò il campo nemmeno con l’incalzare del terrorismo e nonostante le minacce di morte gli giungessero ormai in modo diretto ed indiretto. Poco prima della sua fine vi era stato l’omicidio di alcune suore e, nella primavera del 1996, il rapimento e il successivo assassinio dei sette monaci trappisti di Tibhirine ad opera del GIA (Gruppo Islamico Armato). Ormai toccava a lui, e neanche la scorta che il Governo algerino gli metteva a disposizione riusciva ad allontanare il presentimento lucido della fine imminente. Ma il Vescovo di Orano continuò a svolgere il suo ministero fino in fondo. Dinanzi al sacrificio di questi martiri del nostro tempo – purtroppo sconosciuti o dimenticati, – vale allora la pena di ricordare le parole riportate nell’epilogo del libro (pag.382): ” Con Tertulliano, che affermava che <>, abbiamo capito meglio la fecondità di queste vite offerte in dono: è grazie ad esse che l’orizzonte resta aperto“.

Roberto Cavallo

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