CINA E RUSSIA: DA CHE PARTE STANNO

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Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha avuto ieri un colloquio telefonico con l’omologo saudita Faisal bin Farhan Al Saud sulla crisi in Medio Oriente, rilevando che le azioni di Israele “sono andate oltre l’ambito dell’autodifesa” (dimenticando volutamente che Hamas da sempre si fa scudo – in modo certosino – della popolazione civile…).

Oggi invece Wang Yi, il medesimo massimo diplomatico di Pechino, nel corso di una telefonata avuta con l’omologo iraniano Hossein Amir – Abdollahian, ha riferito che la Cina “sostiene i Paesi islamici nel rafforzare l’unità e il coordinamento sulla questione palestinese” al fine di parlare “con una sola voce” (Ansa).

La Russia, dal canto suo, non ha voluto condannare in modo diretto e inequivocabile le azioni dei terroristi di Hamas, che con l’attacco improvviso del 7 ottobre hanno dato inizio al tremendo conflitto di questi giorni tra Israele e Gaza, con migliaia di morti da entrambe le parti e massacri tali da far scolorire anche gli orrori di Buca e Mariupol. Soltanto due giorni dopo l’inizio del conflitto, il ministro degli esteri Sergej Lavrov ha dichiarato che “lo scontro armato palestino-israeliano va assolutamente fermato, che bisogna risolvere il problema con le autorità civili, che sono anch’esse vittime della situazione”, e in particolare “ponendo l’attenzione sulle ragioni del conflitto”, alludendo alla necessità di riconoscere lo Stato palestinese.

Dalle varie dichiarazioni di questi giorni convulsi traspare comunque una malcelata soddisfazione dei russi più “belligeranti” per uno spostamento dell’attenzione dalla guerra in Ucraina, che obbliga l’Occidente a fare scelte drammatiche, compresa quella di mettere in secondo piano il sostegno all’Ucraina stessa.

Al di là delle ipotesi complottiste che vedono la mano di Mosca dietro le azioni dei terroristi palestinesi, vale per tutti la dichiarazione dell’esagitato ex-presidente russo Dmitrij Medvedev: “…e allora, amici della Nato, avete finito di giocare!”.