E’ GUERRA. CONTRO L’OCCIDENTE (di Marco Invernizzi)

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C’è una frase di Papa Francesco che non ha ricevuto l’attenzione che avrebbe meritato, quando sull’aereo nel viaggio di ritorno da Marsiglia ha detto che i potenti del mondo si stanno stancando di sostenere l’Ucraina e questo farà cominciare il martirio di quel popolo: «Adesso ho visto che qualche Paese si tira indietro, che non dà le armi: incomincia il processo dove il martire sarà il popolo ucraino, certamente. E questa è una cosa brutta».

Come dire, siccome abbiamo il nostro benessere da mantenere, non possiamo permetterci di sostenere la legittima difesa di un popolo che vuole entrare a far parte del mondo occidentale abbandonando il dispotismo russo.

E sostenere l’Ucraina significa anche metterla nelle condizioni di difendersi fornendole le armi necessarie.

Con Israele succederà qualcosa di simile. Per sua fortuna lo Stato israeliano ha meno necessità di aiuti militari, ma ha certamente bisogno del sostegno delle opinioni pubbliche. Presto cominceranno i soliti distinguo, con gli slogan anti-israeliani forniti abilmente da mezzo secolo dalle sinistre, per indebolire il consenso verso il popolo dell’Antico Testamento.

Se seguiamo l’altra importante intuizione del Santo Padre, la terza guerra mondiale combattuta a pezzi, ci rendiamo subito conto che non si sono soltanto le guerre in Ucraina e al confine con Gaza, ma c’è il rischio di guerra a Taiwan, ci sono le due guerre contro il proprio popolo da parte delle giunte al potere in Nicaragua e in Venezuela, c’è il conflitto della Giunta militare birmana contro il popolo e la sua leader Aung San Suu Kyi, in prigione ormai da anni, ci sono i colpi di Stato in Africa contro chi vorrebbe sistemi politici meno dittatoriali, c’è in fondo l’alleanza nei fatti fra Cina e Russia, con il corollario dell’Iran,della Corea del Nord, di Venezuela, Cuba e Nicaragua, tutte realtà che sarebbero divise e diverse fra loro, ma sono accomunate dall’odio contro l’Occidente.

L’Occidente è stanco e ha ancora voglia di difendersi? E soprattutto che cos’è l’Occidente?

Questa domanda rimanda certamente a un problema, ma successivo. È vero che le classi dirigenti occidentali in gran parte operano contro le radici dell’Occidente, che si possono riassumere nel nome di tre città: Atene, Gerusalemme e Roma. È vero purtroppo, così che non si parla più della ragione umana che cerca la verità come ha insegnato la filosofia greca, che ci si è dimenticati che Dio si è fatto uomo ed è una Persona da cui deriva la centralità della persona stessa nella politica occidentale, e infine ci siamo dimenticati di Roma, della sua universalità da sempre, che la fa essere attenta all’Occidente di cui fa parte, ma anche al resto del mondo, dove la fede cristiana sta ancora penetrando per la prima volta.

Per quanto abbiano voltato le spalle a queste radici, le classi dirigenti attuali non possono prescinderne completamente. Ecco perché mi risulta incomprensibile il disprezzo di sé che accompagna tanti intellettuali e uomini pubblici occidentali, di destra e di sinistra, indifferenti di fronte alla barbarie omicida di Hamas, ma anche al diritto degli ucraini di entrare in Occidente, così come del diritto di esistere degli Armeni, della libertà dei popoli del Nicaragua e del Venezuela, del diritto di decidere il proprio destino di Taiwan.

C’è una malattia che colpisce tanti occidentali ed è il relativismo che riguarda soprattutto gli intellettuali.

Ma c’è un’altra malattia che colpisce a destra e nel mondo cattolico, travestita da anti-americanismo, che non distingue fra la guerra d’indipendenza americana e la Rivoluzione francese, che odia più il liberalismo del socialismo, che vorrebbe distruggere anche quel poco di sano che rimane in Occidente, invece di ripartire dalla memoria delle origini, per ricostruire progressivamente ciò che è stato combattuto per secoli ma che non dobbiamo smettere di amare.

Ebbene c’è un grande lavoro da fare nel mondo dei conservatori, aiutare a superare la confusione che dilaga, rifiutare la demagogia e la logica del “tanto peggio tanto meglio”, invitare a guardarsi dalle rivoluzioni di segno contrario, che al globalismo oppongono il nazionalismo, all’uso irragionevole della libertà oppongono l’autoritarismo, alla libertà religiosa oppongono il fondamentalismo.

Bisogna lavorare con queste persone per recuperarle alla buona battaglia.