DALLA PREFAZIONE AL LIBRO “NUOVO DISORDINE MONDIALE”, DI MICHEL SCHOOYANS

1511

Emblematico della tendenza dell’uomo moderno è l’atteggiamento di Albert Camus, il quale alle parole di Cristo «il mio regno non è di questo mondo» oppone con risolutezza l’affermazione «il mio regno è di questo mondo».

Nel XIX secolo, la fede nel progresso era ancora un generico ottimismo che si aspettava dalla marcia trionfale delle scienze un progressivo miglioramento della condizione del mondo e l’approssimarsi, sempre più incalzante, di una specie di paradiso; nel XX secolo, questa stessa fede ha assunto una connotazione politica. Da una parte, ci sono stati i sistemi di orientamento marxista che promettevano all’uomo di raggiungere il regno desiderato tramite la politica proposta dalla loro ideologia: un tentativo che è fallito in maniera clamorosa.

Dall’altra, ci sono i tentativi di costruire il futuro attingendo, in maniera più o meno profonda, alle fonti delle tradizioni liberali. Questi tentativi stanno assumendo una configurazione sempre più definita, che va sotto il nome di Nuovo Ordine Mondiale; trovano espressione sempre più evidente nell’ONU e nelle sue Conferenze internazionali, in particolare quelle dei Cairo e di Pechino, che, nelle loro proposte di vie per arrivare a condizioni di vita diverse, lasciano trasparire una vera e propria filosofia dell’uomo nuovo e dei mondo nuovo. Una filosofia di questo tipo non ha più la carica utopica che caratterizzava il sogno marxista; essa è al contrario molto realistica, in quanto fissa i limiti dei benessere, ricercato a partire dai limiti dei mezzi disponibili per raggiungerlo e raccomanda, per esempio, senza per questo cercare di giustificarsi, di non preoccuparsi della cura di coloro che non sono più produttivi o che non possono più sperare in una determinata qualità della vita.

Questa filosofia, inoltre, non si aspetta più che gli uomini, abituatisi oramai alla ricchezza e al benessere, siano pronti a fare i sacrifici necessari per raggiungere un benessere generale, bensì propone delle strategie per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, affinché non venga intaccata la pretesa felicità che taluni hanno raggiunto. La peculiarità di questa nuova antropologia, che dovrebbe costituire la base dei Nuovo Ordine Mondiale, diventa palese soprattutto nell’immagine della donna, nell’ideologia del «Women’s empowerment», nata dalla conferenza di Pechino. Scopo di questa ideologia è l’autorealizzazione della donna: principali ostacoli che si frappongono tra lei e la sua autorealizzazione sono però la famiglia e la maternità. Per questo, la donna deve essere liberata, in modo particolare, da ciò che la caratterizza, vale a dire dalla sua specificità femminile. Quest’ultima viene chiamata ad annullarsi di fronte ad una «Genderequity and equality», di fronte ad un essere umano indistinto ed uniforme, nella vita dei quale la sessualità non ha altro senso se non quello di una droga voluttuosa, di cui si può far uso senza alcun criterio.

Nella paura della maternità che si è impadronita di una gran parte dei nostri contemporanei entra sicuramente in gioco anche qualcosa di ancora più profondo: l’altro è sempre, in fin dei conti, un antagonista che ci priva di una parte di vita, una minaccia per il nostro io e per il nostro libero sviluppo. Al giorno d’oggi, non esiste più una «filosofia dell’amore», bensì solamente una «filosofia dell’egoismo».

Joseph Card. Ratzinger, 1995

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui