FACCIA A FACCIA CON QUARANT’ANNI DI POLITICA ITALIANA (di David Taglieri)

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Viviamo oggi la crisi della politica ma sappiamo bene che il problema principale sono i valori pre-politici, quelli che dovrebbero costituire i riferimenti essenziali per l’azione di Stato e che, vilipesi, sono diventati oggetto di accantonamento: prima Repubblica, seconda o terza non fa differenza, se non cambia la mentalità.

Alla luce di queste considerazioni consigliamo un testo che non può mancare nella prestigiosa libreria di salotto: I cari estinti, di Giampaolo Pansa, 40 anni di faccia a faccia con la politica italiana (pagg. 502 Edizioni Rizzoli), un saggio che profuma di storia, racconta la politica del palazzo, ma anche gli aneddoti della buvette di Montecitorio, dei ristoranti della Roma bene, tutti in un taglio ironico, condito da analisi antropologiche svolte con semplicità e passione.

Pansa è un cronista di razza non inquadrabile in logiche partitiche, con una penna pungente, saggezza costruita negli anni, ed una indipendenza nei giudizi e nelle espressioni che lo rendono vero narratore di un pezzo della cronologia italiana. La casta non resta una semplice definizione – sic et simpliciter -, che alimenta l’antipolitica demagogica e distruttiva dei Grillo and company, o degli stimabili editorialisti che scrivono ogni giorno dei privilegi della politica dimenticandosi, però, di quelli legati alla carta stampata, ma si trasforma in un fenomeno da studiare con i parametri della logica, dell’intelligenza e del buon senso.

Cari Estinti è un libro revisionista: descrive la Prima Repubblica senza perdersi nei buonismi della retorica, partendo dalle figure che hanno prodotto il fenomeno italiano, quello dei fasti anni ‘80 e quello contemporaneo delle corruzioni, dei lestofanti, dei compromessi. Schiettezza irriverente e piccoli dettagli (perché anche di piccoli dettagli è fatta la politica) caratterizzano la descrizione degli eventi per arrivare poi al grande spartiacque ovvero Tangentopoli, con la fine della Prima Repubblica.

L’Andreotti sornione, intelligente e manovratore dei destini del Paese o il Pertini buonista, talvolta ampolloso, ma con un savoir faire invidiabile; il Bettino Craxi ragionatore, talvolta silenzioso, ruvido e sintetico. Interessante il capitolo riguardante il sequestro Moro. Il cronista è a confronto con il clima di inquietudine e paura che si respirava in anni bui e difficili da vivere sulla propria pelle; violenza, scontri a ferro e fuoco, ideologie che la storia ha giudicato ed archiviato elevate a religioni civili e a dogma irrinunciabili. Uccisioni di poliziotti, persone rese invalide, carabinieri, magistrati, dirigenti industriali colpiti negli affetti; nel mondo della stampa tutti sapevano che il sequestro di persona corrispondeva in pieno alla strategia delle Br.

Viene rapito a Genova il magistrato Mario Sossi, le Br lo tengono prigioniero per più di un mese per poi rimandarlo a casa in cambio di concessioni politiche. Scambio dunque – la parolina magica -, l’enigma generato dalla cattura di Moro…testuale…dopo l’orrore per i cinque poliziotti della scorta uccisi dai killer brigatisti, si apriva una caverna buia… e ancora…un antro nel quale non c’era soltanto il prigioniero Moro ma l’intera società politica…Con grande classe e riflessione Pansa racconta la mattina del 17 marzo, la successiva all’attacco di Via Fani, la scoperta banale e terrificante fu che mancava Moro, il quale arrivava sempre in ritardo agli incontri del vertice.

Lo ricorda Pansa, chiuso in sé stesso, quasi che la fisicità riproducesse in movimenti corporei la sua emotività, chiuso appunto e stretto nel cappotto grigio, con la sciarpa scura al collo, era gelo per la sala poco riscaldata ma era anche l’era glaciale della politica, occhiate indefinibili, lo sguardo che viaggiava sul binario della paura; il capo un pò inclinato ora a destra ora a sinistra parla più di qualsiasi titolo giornalistico.

Poi il ritratto di Giovanni Spadolini (Spadolone), torrenziale, parlava come un libro stampato. Colpisce nel quadretto dello scrittore la imbattibile fantastica facilità nel parlare, specialista in panna montata, fiorentino eccellente, che offriva sempre durante le interviste un bisteccone al sangue con un bel bicchiere di rosso; scriveva a macchina come un pilota di Formula 1 e lo infastidiva fermarsi per cambiare – non le gomme della monoposto – ma il foglio.

Il Capitolo 22 – La moglie e la serva -, si apre con la prolusione di Amintore Fanfani su un tema scottante che ha modificato il modo di intendere e concepire la struttura familiare del Belpaese…Volete il divorzio, allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto….e magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva…Fuoco e fiamme fece Fanfani il 26 aprile del 1974 al teatro comunale di Caltanissetta. Fu insultato, ridicolizzato, dileggiato

– nano maledetto, fan-fascista e via dicendo -, gli ultrà di oggi insomma non hanno inventato nulla. Grinta da vendere Fanfani, un giorno disse allo stesso Pansa “…continui pure a scrivere contro di me, faccia conto che sia io a pagarle ogni suo articolo”; anche nella battaglia per abrogare la Baslini-Fortuna, che istituiva il divorzio, Fanfani si dimostrò un leader con un formidabile complesso di superiorità: ispido, indisponente, iracondo. Nel descriverlo il Nostro effettua una comparazione con gli altri big Dc. A fronte del suo essere diretto, Moro faceva dormire, De Mita parlava turco, Rumor sembrava un abate gommoso…Il nemico per Fanfani era il Pci di Berlinguer, partito in ascesa guidato da un monaco della politica, silenzioso e severo anche con sé stesso. I partiti laici furono refrattari all’arruolamento nella battaglia contro il divorzio e l’unico alleato valido fu quel Msi di Giorgio Almirante che si dimostrò sempre compatto nella difesa di certi valori. Il segretario missino si schierò per il si referendario, con lo slogan:  il 12 maggio plebiscito del Si, plebiscito anticomunista per impedire al Pci di andare al potere. Uomo tutto di un pezzo Almirante, chiaro, oratore perfetto, intelligente e nobile d’animo; la sua posizione personale inizialmente da separato lo portava nella direzione pro-divorzio, ma poi di fronte alla maggioranza schiacciante del partito antidivorzio, cambiò direzione. Il successore Fini evidentemente lo rinnegò anche negli atti politici più rilevanti…

E ancora la loggia P2, lo strapotere politico democristiano, e come contro-altare la dittatura rossa della cultura, Botteghe Oscure e Urss, Dc e gli Usa…

Lettura piacevole ed arrichente, per capire anche, visto che la storia insegna sempre, ciò che sti amo eredit ando oggi a livello sociale, politico, dei costumi, con qualche ricetta per recuperare un equilibrio il meno instabile possibile.

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