FRA SPERANZA E UMILIAZIONE: L’ “ALTRA CUBA” IN ESILIO (Corriere del Giorno, 27 aprile 2008, pag. 6)

1345

images.jpg Con l a successione di R aul Castro al posto del fratello Fi del, oramai in gravi condizioni di salute, a Cuba si sta assistendo a qualche timido avvio di riforme. Il governo ha concesso varie liberalizzazioni commerciali, relative soprattutto alla compravendita di cellulari, computer, DVD… cose tutte normalissime per un paese libero ma straordinarie per l’isola caraibica, chiusa in se stessa da quasi 50 anni di regime marxista.

Alcuni esponenti della numerosa comunità cubana in esilio a Miami e nel resto degli Stati Uniti, come l’ex prigioniero politico Armando Valladares, hanno osservato che tali aperture costituiscono più che altro una specie di maquillage politico, e che i problemi veri legati alla libertà di informazione, al multipartitismo, alla piena libertà religiosa – in definitiva alla democrazia -, ancora non sono stati neppure affrontati. Come immutato, per il momento, resta il problema dei prigionieri politici, dell’uso della tortura, delle condanne a morte…

In massima parte i profughi hanno trovato asilo in Florida, negli Stati Uniti, dove sono giunti nel corso degli anni con i modi più disparati: chi dietro regolare autorizzazione all’ espatrio, chi su fragili imbarcazioni di fortuna, inseguite da motovedette ed elicotteri delle forze di sicurezza cubane. Molti sono rimasti in fondo al braccio di mare che separa Cuba dalla vicina Florida …

Un recente libro dello scrittore cubano Armando de Armas (Miti dell’antiesilio, Edizioni Spirali, pagg.134, euro 20,00) ci consente di accostarci da vicino a questo variegato mondo dell’esilio, culturalmente ed ideologicamente frazionato, ma unito dalla medesima speranza di ritornare, un giorno, in una Patria realmente libera e democratica. La comunità dell’esilio ammonta a circa due milioni di persone, sui complessivi 11 milioni di cittadini cubani: si tratta quindi “… della diaspora più grande verificatasi in questo emisfero. ” (pag.126).

Il titolo del volume – Miti dell’antiesilio – sta ad indicare come negli anni, insieme alla diaspora, sia cresciuta una vera e propria campagna mediatica di denigrazione della comunità stessa, grazie ad una propaganda alimentata fin dall’inizio dal regime castrista e dal suo potente alleato sovietico: “L’esilio cubano viene attaccato perché appoggia una politica di mano dura contro Cuba, in una manipolazione dell’uso del linguaggio che cerca di far vedere che il paese e Castro sono una stessa ed unica cosa, così che ci si confonde tra la vittima e il carnefice” (pag.106).

Allo scopo di sottrarre preziose risorse al “carnefice”, la comunità di Miami si è sempre dichiarata favorevole all’embargo imposto dagli Stati Uniti al regime dei fratelli Castro. L’embargo economico risale al febbraio del 1962, durante l’amministrazione di John F. Kennedy: L’embargo fu anche una risposta alle spedizioni filibustiere inviate dall’Avana a partire dallo stesso anno 1959 in paesi come Santo Domingo, Panama, Venezuela, Guatemala, Nicaragua e Colombia, con l’obiettivo di imporre in questi il modello comunista; oltre a essere una risposta alla strutturazione di reti internazionali di sovversione e di destabilizzazione, con il proposito dichiarato di incendiare il continente americano” (pagg. 105-106).

In base alla documentazione in possesso dell’Autore, oramai piuttosto conosciuta e divulgata specie negli Stati Uniti e in America Latina, tali reti internazionali di sovversione e di destabilizzazione non escludevano il traffico di droga: “…durante l’estate del 1961, funzionari castristi di alto rango si incontrarono in Cile con l’allora senatore Salvador Allende, per discutere l’istituzione di un’ampia rete di distribuzione di cocaina che avrebbe aiutato a finanziare l’imposizione del marxismo nel paese australe; vincoli mafiosi che si espansero e si fortificarono con l’arrivo di Salvador Allende alla presidenza del Cile. E’ interessante fare presente che, tra i funzionari castristi di alto rango presenti nell’incontro, c’era nientemeno che il Che Guevara, quel personaggio che, al colmo della stupidità e del cattivo gusto, alcuni paragonano a Nostro Signore Gesù Cristo.” (pagg. 49-50). Sono d’altronde universalmente noti gli intimi legami che anche oggi intercorrono fra il narcotraffico colombiano e i vari gruppi della guerriglia di ispirazione marxista, che a sua volta gode della protezione venezuelana (vedi Hugo Chavez!) e quindi castrista…

L’esilio cubano da sempre è riconoscente agli Stati Uniti per l’accoglienza ricevuta. Ma lungi dall’accontentarsi di un puro assistenzialismo, grazie alla propria vivacità culturale ed economica, è diventato un importante punto di riferimento anche per gli stessi statunitensi. Nonostante gran parte dei politici europei continuino a simpatizzare per i fratelli Castro e per i loro residui ideologici, alla comunità dell’esilio guardano quanti, restati in patria, anelano non soltanto alla piena libertà e alla democrazia, ma pure a condizioni di vita più decorose, finora non garantite da un regime che ha imposto ai propri cittadini di vivere con poche decine di dollari al mese. Non certo a causa del debole embargo statunitense (facilmente aggirabile e più volte aggirato), ma – scrive Armando de Armas – per il divieto marxista di iniziativa economica privata, per le costose guerre e attività rivoluzionarie esportate in mezzo mondo, per il mantenimento dell’enorme apparato interno poliziesco (migliaia di delatori popolarmente conosciuti con il nome di chivatos, che vuol dire “spie”).

Allora, come qualcuno ha detto, il vero embargo nei confronti di Cuba non è quello deciso a suo tempo dagli Stati Uniti e sostenuto dagli esiliati di Miami, ma quello attuato dai fratelli Castro nei confronti dei Cubani.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui