GENDER REVOLUTION: IL RELATIVISMO IN AZIONE (Corriere del Giorno, 23 maggio 2009)

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9788882724238gSecondo una certa corrente storiografica (eminentemente di ispirazione cristiana) gli ultimi secoli della storia dell’Occidente sarebbero stati dominati da un processo politico-ideologico che si chiama Rivoluzione. Questa Rivoluzione con la erre maiuscola trascenderebbe le varie rivoluzioni (con la erre minuscola) con lo scopo non dichiarato di condurre l’umanità al completo sovvertimento dell’ordine naturale e cristiano. La tappa attuale di questa Rivoluzione, che tutto ingloba, è individuata nella rivoluzione sessuale, ultima frontiera dell’utopia – comune a tutte le ideologie sovvertitrici – che intende creare l’”uomo nuovo”.

Su tale linea di pensiero si pone la sociologa tedesca Gabriele Kuby, che nel 2007 ha pubblicato in Germania Gender Revolution. Il relativismo in azione”, opera ripresa in Italia nel 2008 dalle Edizioni Cantagalli di Siena (pagg. 133, euro 12,90).

Specializzata in sociologia sotto la guida di Ralph Dahrendorf presso l’Università di Berlino e Costanza, ha poi abbracciato il pensiero del filosofo Dietrich von Hildebrandt iniziando così il suo interesse per la religione cristiana. Comincia a studiare il Catechismo della Chiesa cattolica, le encicliche di Giovanni Paolo II e nel 2005, incoraggiata dall’allora Cardinale Ratzinger, pubblica il loro carteggio sulla saga di Harry Potter, che fa subito il giro del mondo. Oggi il suo impegno è rivolto a denunciare i pericoli insiti nell’ approccio r elativistico alla moral e e alla politica.

Per il relativismo il bene e il male sono inconoscibili e indistinguibili. Anzi: chi solleva la pretesa di sapere che cosa siano il bene e il vero viene considerato un intollerante e per questo motivo è combattuto aspramente. Nasce così quella che lo stesso Benedetto XVI, in occasione dell’apertura del conclave del 2005 che lo condurrà al soglio pontificio, ha definito come la “dittatura del relativismo”, di cui la rivoluzione sessuale è esito coerente. La sessualità, infatti, è il più importante terreno di battaglia del relativismo.

In tale prospettiva, nota Gabriel Kuby, perfino il vecchio termine “sex”, impiegato per differenziare sessualmente l’uomo dalla donna, è stato sostituito dal termine “gender”, il cui obiettivo è il superamento dell’”eterosessualità obbligata” e la creazione di un uomo nuovo, cui andrebbe riconosciuta – secondo i relativisti – la libertà di scegliere e dare sfogo alla propria identità sessuale indipendentemente dalla sessualità biologica. Le stesse nozioni di maschio e femmina sarebbero frutto di antiquate incrostazioni sociali da superare. Non si tratta solo di promuovere presso le nuove generazioni l’assoluta libertà sessuale, compresa quella omosessuale, ma di inculcare in esse la consapevolezza che ognuno nel corso della sua vita è libero di indirizzarsi sessualmente come più gli aggrada, indipendentemente dal dato biologico: è il trionfo dell’identità “fluttuante”.

Questa di Gabriel Kuby è una denuncia aperta e coraggiosa del “gender”, la nuova ideologia che spopola nelle università, e la cui visione relativista e “politicamente corretta” della società altro non è che la manifestazione di una tendenza totalitaria che affonda le sue radici nella rivoluzione ideologica del ’68. Secondo la sociologa tedesca siamo di fronte a un cambiamento epocale, ad una rivoluzione sociale, in cui i diritti di pochi vengono imposti in modo subdolo alla maggioranza. Non a caso alla Conferenza Mondiale sulla Popolazione del Cairo del 1994 e alla Conferenza Mondiale delle Donne del 1995 le femministe, attraverso un’azione di manipolazione, riuscirono a far passare la definizione di “gender” al posto del termine “sesso”, allo scopo di superare la differenziazione di carattere sessuale tra uomo e donna, premiando la facoltà della scelta soggettiva. Grazie poi alle raccomandazioni adottate dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite, nei singoli Stati il termine gender si è trasformato in strategia politica: ognuno, anche nei documenti, dovrebbe poter scegliere se essere uomo o donna e deve poter determinare la propria identità come omosessuale, bisessuale, transessuale o altro ancora … Scrive la Kuby: “Gli ideologi gender ignorano i risultati delle ricerche mediche e psicologiche sul cervello, le quali dimostrano la differente identità di uomo e donna nella struttura cerebrale, dal punto di vista ormonale e nella struttura psicologica”.

Chi, come la Chiesa cattolica, ricorda questa evidente realtà naturale e denuncia la nuova impostazione culturale e giuridica, viene tacciato di oscurantismo ed è emarginato, come a suo tempo accadde a Rocco Buttiglione, ostracizzato dai relativisti di mezza Europa nell’incarico di Commissario europeo.

Di tutto ciò ne fanno le spese soprattutto i giovani, che in molti Stati europei sono tenuti a seguire corsi scolastici di educazione sessuale improntati al relativismo e all’ideologia “gender”, dove promiscuità, contraccezione, aborto, omosessualità e altro ancora vengono incoraggiati. Questi giovani – influenzati pesantemente anche dai mass media – rischiano di smarrire la propria identità a partire dal periodo della vita – la pubertà – in cui invece avrebbero maggiormente bisogno di certezze e di imparare a conoscere la vera nozione di amore: quello che responsabilmente si dona a una sola persona dell’altro sesso per tutta la vita; un amore aperto alla famiglia e dunque alla generazione feconda di nuova vita.

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