MA DOVE VA LA RUSSIA? (Corriere del Giorno, 16 maggio 2009, pag. 31)

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3132-675 A venti anni dalla caduta del Muro di Berlino, dove va la Russia ?

Da allora, dal 1989, molta acqua è passata sotto i ponti… Eppure oggi sempre più la Russia assomiglia all’ Unione Sovietica di allora. Segnali di ciò sono le gigantesche parate militari che l’8 maggio, anniversario della vittoria nella seconda guerra mondiale, si ripetono da due anni a questa parte con rinnovato sfarzo. Non a caso il Corriere della Sera di domenica 10 maggio 2009, a pagina 17, ci ricorda che la Russia possiede ancora il più grande arsenale nucleare del mondo, con missili in grado di penetrare lo scudo progettato dagli Usa di George Bush a difesa dell’Europa. Se chiedessimo all’uomo di strada quale Nazione dispone di più testate nucleari al mondo, probabilmente ci sentiremmo rispondere che sono gli Stati Uniti. E invece no. E’ proprio la Russia ad essere la prima potenza nucleare del mondo.

Anche i minacciosi avvertimenti all’Ucraina, o alla piccola Georgia (dallo scorso agosto mutilata nella sua integrità territoriale) e ai suoi “protettori” della NATO vanno in questa direzione. Ne è convinto soprattutto il giornalista Emanuele Novazio, corrispondente diplomatico da Mosca per “La Stampa”, che recentemente ha pubblicato “Back in URSS”, un vero e proprio spaccato della Russia di oggi (Guerini e Associati, Milano, 2009, pagg. 167, euro 19,50). In questo libro Novazio raccoglie il frutto dei suoi reportage e delle sue personali esperienze moscovite.

Come attesta il titolo, per Novazio si tratta di un vero e proprio ritorno politico all’URSS di vent’anni fa, con un’ideologia impastata di imperialismo e di statalismo. Il duo Medvedev-Putin, rispettivamente Presidente della Federazione e Primo Ministro, rappresentano una simbiosi di potere destinata ad auto-riprodursi nel tempo, visto che alla scadenza del mandato di Medvedev (fra quattro anni), Putin potrà di nuovo assurgere alla massima carica istituzionale per almeno altri otto o dodici anni, che si andrebbero così a sommare ai primi otto già trascorsi ai vertici dello Stato (dal 2000 al 2008). Entrambi fanno parte di Russia Unita, il partito che, oltre alla maggioranza assoluta in parlamento, ormai gode di una totale devozione da parte dei media.

Proprio il controllo dell’apparato statale su tutto e su tutti costituisce una delle somiglianze più significative con la vecchia Unione Sovietica. Non solo televisioni, radio e giornali rispondono a criteri di rigida censura e, soprattutto, di “autocensura”; ma anche internet e l’informazione virtuale sono pesantemente controllati da organismi governativi istituiti ad hoc. Scrive Novazio che tutti i provider di internet sono obbligati per legge a collegare i propri computer alla FSB, e cioè ai nuovi servizi segreti eredi del vecchio KGB. Inoltre un decreto del Cremlino estende ad altre sette agenzie governative il diritto di controllare la posta elettronica dei cittadini russi. Quindi sono controllati capillarmente i semplici cittadini, ma soprattutto i giornalisti che intendono mantenere vivo il diritto alla libera informazione. Novazio pubblica un lungo elenco di giornalisti tutti assassinati nell’era Putin, elenco di cui Anna Politkovskaia, colei che denunciò con particolare efficacia i crimini dell’Armata Rossa in Cecenia, è solo la vittima più illustre.

Per esempio, il direttore di un sito web indipendente dell’Inguscezia, Magomed Evloev, è morto in circostanze misteriose mentre si trovava in custodia cautelare. Amnesty International nota come siano i giornalisti e gli attivisti dei diritti umani a portare all’attenzione dell’opinione pubblica il mancato rispetto, da parte del governo russo, degli impegni nazionali e internazionali in materia di giustizia. Senza contare, così scrive Emanuele Novizio, le chiusure di testate, i ricoveri in ospedale psichiatrico per i giornalisti scomodi, proprio come si faceva ai tempi dell’Unione Sovietica. Inoltre, come dicevamo, fra i media si registra molta auto-censura, con l’obbligo per i vari redattori di diffondere una certa percentuale di buone notizie (ovviamente buone per l’esecutivo e i vertici dello Stato), sempre e comunque. Quindi alla fine non deve meravigliare se “…Nella classifica mondiale per la libertà di stampa 2008 elaborata da Reporters sans Frontieres, – scrive Novazio – la Russia occupi il 141° posto su 173 paesi considerati. ” (pag.115).

Ma in generale tutte le classifiche sulla qualità della vita e sui diritti individuali sono piuttosto sconfortanti per la Russia del duo Medvedev-Putin. Così leggiamo che per livello di diritti politici e libertà fondamentali il Paese occupa il 158° posto su 187, collocandosi agli ultimi posti vicino al Pakistan. Per livello di libertà di stampa è al 147° posto su 179, a pari livello con Iraq, Venezuela e Ciad. E’ agli ultimi posti anche per la corruzione, diffusissima soprattutto fra le forze armate e quelle di polizia: qui siamo al 123° posto su 158. In particolare se un privato cittadino vuole attivare la polizia per far cessare un’estorsione o un abuso, non ottiene difesa se non paga la relativa tangente. Anche il diritto di proprietà è quanto mai fragile ed insicuro, tant’è che la Russia è all’89° posto su 110. Quanto al sistema giudiziario il paese viene messo nelle classifiche internazionali sulle stesse posizioni di Etiopia e Burundi.

Nel suo libro Novazio racconta come Putin, per mantenere il controllo, asfissiante, sull’economia e su ogni altra realtà sociale, abbia imposto al Paese una nuova potente nomenclatura: quella dei “Siloviki”. Si tratta di una corporazione di burocrati composta prevalentemente da ex-membri del KGB e della sua reincarnazione post sovietica, e cioè l’FSB. Anche dal punto di vista strettamente amministrativo, Putin e Medvedev si sono riservati la nomina degli 89 governatori regionali, mentre sotto la presidenza di Boris Eltsin venivano eletti direttamente dal popolo.

C’è da dire che nonostante tutto ciò, Putin continua a godere di una certa popolarità nel suo Paese. Secondo vari analisti di geopolitica e secondo lo stesso Autore del libro, ciò è giustificato dal discreto livello di benessere che una certa parte della popolazione ha recentemente raggiunto grazie agli introiti derivati dalla vendita all’estero degli idrocarburi. In questa prospettiva si spiega anche la guerra alla Georgia e l’ostilità nei confronti dei progetti occidentali di costruire oleodotti e gasdotti che portino direttamente petrolio e gas dai luoghi di estrazione delle repubbliche centro-asiatiche all’Europa, senza passare dal territorio russo. La Georgia per esempio è uno degli snodi terminali di questi oleodotti che baipassano il territorio russo. Un altro di tali gasdotti attraverso la Turchia e la Grecia dovrebbe arrivare nel Salento, ad Otranto. Un altro ancora, il Nabucco, dall’Arzebaijan attraverso la Turchia e la Grecia, porterà il prezioso minerale in Austria e nell’Europa centrale. Tutto ciò è stato studiato dalla passata amministrazione Bush e dall’Europa per sottrarsi alla sudditanza energetica della Russia, che col rialzo dei prezzi ricatta di fatto tutta l’Europa orientale, e in primis l’Ucraina, i Paesi baltici e la Polonia.

La recente crisi economica sta però penalizzando anche la Russia, che oggi si trova a vendere gas e petrolio a prezzi più bassi rispetto ad un anno fa; ma si sa che questi mercati sono talmente fluttuanti che da un momento all’altro la corsa ai prezzi dell’oro nero potrebbe ricominciare con più slancio di prima. Quindi il favore popolare del duo Medvedev-Putin è legato soprattutto all’andamento dei prezzi delle fonti energetiche. C’è da dire che a loro favore gioca anche il rilancio dell’immagin e di una Russia tornata di nuovo a far paura e al rango di vera superpotenza.

Noi Occidentali però dovremmo forse iniziare a preoccuparci di questo nuovo ritorno, dalla Russia all’URSS, come Emanuele Novizio ci ricorda nel suo libro.

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