I SEGRETI DELL’ALLEANZA FRA IL NAZISMO E L’ISLAM RADICALE (Corriere del Giorno, 16 febbraio 2010, pag.25)

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mufti_husseini_hitlerDalle fatiche di due professori universitari statunitensi, David G. Dalin e John F. Rothmann, esce in Italia per le Edizioni Lindau ( Torino, 2009, pagg. 264) un volume inquietante, molto ma molto “politicamente scorretto”: La mezzaluna e la svastica.

Che cosa raccontano i due illustri storici americani ? Narrano la vita e le gesta di Hag Amin Al-Husayni, gran muftì di Gerusalemme dall’8 maggio 1921. Dopo la caduta dell’Impero ottomano e nell’imminenza della scomparsa del califfato ad opera di Kemal Ataturk, per la prima volta dopo sette secoli la Palestina sotto il mandato britannico non rientrava più nel “Dar al Islam”, la terra dell’Islam. Fu questo il contesto storico che spinse il leader spirituale palestinese fra le braccia di Hitler, in una crescente ostilità contro Gran Bretagna e Stati Uniti. I primi progetti di costituzione di uno Stato ebraico nella Terra promessa terrorizzavano Al-Husayni, che al momento opportuno – il secondo conflitto mondiale – compì il grande salto collaborando direttamente con il regime nazista. Già nel 1933, poco dopo l’ascesa al potere di Hitler, al-Husayni avvicinò il console tedesco a Gerusalemme, il dottor Heinrich Wolff, offrendo i suoi servigi, offerta che negli anni successivi avrebbe più volte ripetuto. Nel gennaio 1937 il “New York Times” riportò una dichiarazione del muftì che spiegava la sua propensione ad allearsi con Hitler riconducendola al nemico comune che Islam radicale e Germania nazista condividevano: gl i Ebre i e i loro protettori inglesi. Nel 1941, in pieno svolgimento del secondo conflitto mondiale, Husayni si trasferì a Berlino, dove si distinse nell’organizzazione di trasmissioni radiofoniche finalizzate a suscitare la simpatia del mondo is lamico per la causa nazionalsocialista.

Sostenitore della “soluzione finale”, si adoperò affinché circa centomila volontari musulmani, bosniaci ma non solo, si arruolassero sotto le bandiere brune di Adolf Hitler. Con ogni mezzo cercò di impedire l’esodo ebraico dai Paesi dell’Europa centrale verso la Palestina, preferendo che trovassero la morte nei campi di sterminio.

Dalin e Rothmann nel loro volume ricostruiscono nei dettagli gli scenari di tale inquietante collaborazione, che durò sino al crollo della Germania nazista.

Dopo la guerra, scampato a Norimberga, Al-Husayni si divise tra l’Egitto, dove rinsaldò i rapporti con Sayyid Qutb e Hasan al-Bannah (rispettivamente teorico e fondatore dei Fratelli Musulmani), e Beirut, dove pose sotto la sua ala protettiva un giovane che negli anni successivi diventerà un protagonista della politica mediorientale: Yasser Arafat.  Precursori di Hamas, Hezbollah e al-Qaida, i Fratelli Musulmani nacquero come movimento panislamico che propugnava un’utopia islamica mondiale, per raggiungere la quale non disdegnava, se necessario, l’uso del terrorismo.

Il 30 settembre 1948 Al-Husayni venne eletto all’unanimità Presidente del Governo per la Palestina dall’Assemblea nazionale palestinese. Nel 1951 il muftì presiede il Congresso islamico mondiale di Karachi, nel Pakistan occidentale. Nel 1955 partecipa, in rappresentanza del movimento palestinese, alla Conferenza afro-asiatica di Bandung, in Indonesia, con i leader degli altri Paesi non allineati, come l’egiziano Nasser, l’indiano Nehru, lo iugoslavo Tito e il cinese Chou En-lai.

Nel corso della sua esistenza, terminata a Beirut il 4 luglio 1974, Al-Husayni ha considerato l’Olocausto quale macchinazione ebraica finalizzata ad attirare le simpatie occidentali a favore del neonato Stato israeliano. Numerosi leader musulmani hanno seguito il suo approccio al tema dell’Olocausto. In proposito i due Autori ricordano come la rete televisiva dell’Autorità Nazionale Palestinese, autorizzata e diretta da Yasser Arafat, ha spesso negato fatti essenziali dell’Olocausto nelle proprie trasmissioni. Ad esempio, in un programma culturale del 25 agosto 1997 sulla commemorazione delle vittime del nazismo che ogni anno si celebra in Israele, il moderatore informò il pubblico nei seguenti termini: “E’ risaputo che ogni anno gli Ebrei esagerano quanto hanno subito dai nazisti. Sostengono che i morti sono stati sei milioni, ma un’accurata ricerca scientifica dimostra che non furono più di quattrocentomila”.

In tal senso, ultimo in ordine di tempo è il Presidente dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad, organizzatore di convegni pseudo-storici dove viene puntualmente negato lo sterminio dei sei milioni di Ebrei ad opera di Adolf Hitler. Particolare scalpore ha destato la conferenza internazionale del dicembre 2006 promossa da Ahmadinejad, con la partecipazione a Teheran di storici negazionisti provenienti anche dall’Europa.

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