IL NATALE DI GIUSEPPE

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nativit-fullGiuseppe quella sera era molto felice: la tristezza finalmente si era mutata in gioia. Di colpo era passata l’angoscia del dubbio, i rifiuti degli albergatori di Gerusalemme, le derisioni dei suoi compaesani…

Faceva freddo e c’era tanta umidità, ma quel Bambino gli trasmetteva un calore e una gioia immensi. Era qualcosa che non aveva mai provato…

Stava a guardarlo quel Bambino, rannicchiato nei panni adagiati sulla paglia, mentre dietro la mangiatoia il bue e l’asino ruminavano lentamente. Maria, quella ragazza ebrea sua sposa, guardava anch’essa il bambino, beata, e sorrideva piano…

Fu allora che udirono  latrati di cani, che si avvicinavano sempre più. Venivano verso la grotta. Sentirono anche dei fischi e poi grida roche; infine un confuso belare di pecore. Certamente erano dei pastori. Venivano lì in cerca di rifugio per la notte inoltrat a? Forse erano soliti fermarsi lì, proprio in quella grotta che fungeva da stalla. Il tizio che l’aveva indicata a Giuseppe sembrava una persona seria, e aveva detto che non ci sarebbe stato nessuno, che potevano stare tranquilli, lui e Maria. Invece adesso si avvicinavano dei pastori, con un gregge e i cani da guardia. Giuseppe si accostò alla porta in legno usurata dal tempo che chiudeva alla meglio l’ingresso della grotta. Guardò fuori: i pastori si avvicinavano sempre più. Ancora poche decine di metri e se li sarebbe visti dinanzi . Istintivamente afferrò il bastone. Non sapeva che intenzioni avessero quegli uomini. La dolcezza e la tranquillità di pochi momenti prima d’ un colpo erano scomparsi. Che volevano quei pastori? Ormai li aveva di fronte. Li guardò interrogativo, mentre i cani  avevano cessato di abbaiare. Solo le pecore belavano tranquille. Una strana sensazione, quasi un brivido,  avvolse Giuseppe. Ma capì che non era paura. I pastori si tolsero veloci il berretto di lana; poi uno avanzò verso di lui, si inchinò e disse: “Shalom”.  Giuseppe con una smorfia del viso annuì e ricambiò il saluto. Fu allora che tutti insieme, con flauti e zampogne, quegli uomini presero a suonare una dolcissima pastorale… Le stelle quella notte brillavano di una luce straordinaria. Intanto tutti i pastori si erano inginocchiati, e continuavano a suonare. Giuseppe avvertì un’ombra dietro di sè: si accorse che Maria a fatica era sopraggiunta sull’uscio della grotta, e sorridendo guardava quella scena e quella strana sinfonia. Poi uno dei pastori si alzò, si avvicinò ai due sposi, e di nuovo si inchinò. Fu allora che Giuseppe disse: “Benvenuti!”.

Il pastore raccontò che si trovavano a tre chilometri da lì, quando una luce tagliò la notte, e si erano sentiti chiamati da voci bellissime. Quelle voci e quelle luci parlavano di un Bambino nato nella grotta subito fuori Betlemme, vicino la vigna di un loro conoscente… Non potevano che essere Angeli, avevano pensato i pastori, e col volto coperto si erano prostrati.

“Andate ad adorare il Messia di Israele che nasce”, avevano detto gli Angeli, mentre gridavano: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini di buona volontà”.

Una lacrima veloce solcò allora il viso di Giuseppe: adesso era tutto chiaro…il sogno dell’Angelo che gli imponeva di non abbandonare Maria incinta di un altro, i silenzi della sua sposa.., sì, adesso era tutto divinamente chiaro. Giuseppe fece entrare i pastori nella grotta, e dietro di essi si prostrò in adorazione del Bambino, di Colui che non poteva che essere il Messia di Israele.

In quella notte una grande stella lucente fuori vegliava su di loro.

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