IL PRIMATO DI SIMON PIETRO IN UN MONDO SENZA RIFERIMENTI (Corriere del Giorno, sabato 27 dicembre 2008, pag. 26)

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0831Cosa ci racconta la storia a proposito di San Pietro, il pescator e d ella Galilea che lasciò tutto per seguire Gesù? Oltre ai Vangeli, a quali documenti possiamo attingere per ricostruirne la biografia ? Da dove nasce, all’interno della Chiesa cattolica, l’autorità del pontefice romano ? Trovano fondam ento l e polemiche, passate e recenti, riguardo alle ragioni del primato petrino e romano? Un recente volume dell’ Editrice Queriniana aiuta ad analizzare e – in qualche caso – a risolvere tali interrogativi. Il libro in questione, una monografia su Simon Pietro che ne ricostruisce la storia personale di apostolo e di guida delle primitive comunità cristiane, ha per titolo: “Simon Pietro. Storia e importanza storica del primo discepolo di Gesù Cristo (Rudolf Pesch, Queriniana, Brescia, 2008, euro 26,50, pagg.328). La stessa scelta di unire, nel titolo, i due nomi di Simone e di Pietro, indica la svolta avvenuta nella sua persona: da semplice pescatore ebreo (Simone) a fondamento della chiesa universale (Pietro).

L’Autore, docente universitario in Germania, è noto biblista, con alle spalle molteplici pubblicazioni a carattere storico e teologico.

Proprio in forza dei suoi studi, Rudolf Pesch si sente di affermare con tranquillità che “… Di un primato di Pietro si può parlare sotto molti aspetti, sia se prendiamo in considerazione il Pietro storico sia anche se prendiamo in considerazione le immagini di Pietro del Nuovo Testamento.”

Su ventisette libri del Nuovo Testamento nove di essi contengono immagini di Pietro: nessun’altra figura di apostolo viene presentata in possesso di un’uguale ampia autorità e di un’ uguale importanza per tutta la chiesa. Pietro è descritto come il primo discepolo, il portavoce del gruppo dei discepoli e dei Dodici, il testimone oculare della vita di Gesù fin dall’inizio, e le redazioni dei Vangeli hanno fatto di lui il garante principale della tradizione di Gesù. Ne risulta così che “…tra le persone ragguardevoli del tempo apostolico…nessuno può rivaleggiare con Pietro, neppure Paolo, perché non può garantire la tradizione di Gesù.” (pag. 271). Insomma “… Senza il primo testimone pasquale – afferma l’Autore – non ci sarebbe alcuna chiesa …” (pag. 282).

Oltre ai libri del Nuovo Testamento, altri documenti del I secolo, come gli scritti di San Clemente Romano, attribuiscono a Simon Pietro e ai suoi successori il ruolo di “pietra”, di autorità con cui guidare la chiesa dietro specifico mandato di Gesù. Perfino gli scritti gnostici, che hanno intenzionalmente lo scopo di denigrare la figura di Pietro, costituiscono in realtà una prova indiretta della sua autorità.

Oggi, dopo una lunga storia di dubbi a proposito del soggiorno del principe degli apostoli a Roma, si può considerare come certo che Pietro sia venuto a Roma sotto Nerone e che qui vi abbia subito il martirio. Se le fonti del Nuovo Testamento tacciono in proposito, – racconta Pesch – la tradizione exta-canonica della chiesa antica e i reperti archeologici degli scavi effettuati sotto San Pietro offrono sufficienti testimonianze al riguardo. Due autori latini, Tacito e Svetonio, raccontano la persecuzione subita dalla nascente comunità cristiana sotto l’imperatore Nerone. In tale contesto si consuma il martirio di San Pietro. Scrive in proposito Rudolf Pesch: “Poiché le tradizioni relative al martirio di Pietro a Roma non sono mai contestate nella Chiesa antica e poiché non esistono tradizioni contrarie … poiché oltre a ciò tali tradizioni sono note non soltanto a Roma, bensì anche nell’oriente cristiano, ad esempio nell’ex centro petrino di Antiochia e poiché la tradizione di Pietro a Roma circola molto prima della sua valutazione politico-ecclesiale, non c’è alcun motivo di dubitare dell’affidabilità delle notizie relative al martirio subito da Pietro a Roma. Se volessimo raggiungere un maggior grado di probabilità per tutti i fatti della storia antica, dovremmo stralciarne una gran parte dai libri di storia.” (pag. 209).

Se il ruolo di Pietro nella costituzione della chiesa nascente è indiscutibile, l’Autore affronta nella parte finale del volume la questione della successione petrina, e cioè del diritto dei successori di Pietro a continuare nel tempo il suo mandato di pastore della chiesa. Questa realtà gerarchica, scrive Pesch, trova giustificazione nel modo con cui le comunità primitive dei credenti vivevano la fede, frutto della trasmissione del Vangelo dalla viva voce degli Apostoli e di coloro che comunque li avevano conosciuti di persona.

Quelle prime comunità, in armonia con gli scritti neotestamentari, tramandarono alle successive generazioni di fedeli anche il ministero di unità, rappresentato proprio dai successori di Pietro; e questo accadeva perfino mentre Giovanni, l’apostolo amato dal Signore, era ancora in vita, alla fine del I secolo. In risposta ad una certa vulgata post-conciliare e filo-protestante, secondo cui la pretesa successione petrina sarebbe stata il frutto di incrostazioni storiche occidentali, possiamo dire con Pesch che “Il primato dei vescovi romani è perciò il primato cattolico di Pietro, inserito nella successione apostolica degli apostoli nel ministero episcopale e posto al servizio della fede della chiesa una e santa.” (pag.284).

Non a caso, a sgombrare il campo dai dubbi, lo stesso Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen Gentium (18) si era espresso in tali termini: “Questa dottrina della istituzione, della perpetuità, del valore e della natura del sacro Primato del romano Pontefice e del suo infallibile magistero, il santo Concilio la propone di nuovo a tutti i fedeli come oggetto certo di fede …”.

Roberto Cavallo

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