IL PAPA E L’INVERNO DEMOGRAFICO (di Marco Invernizzi)

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Papa Francesco ha pronunciato un discorso di grande rilievo agli Stati generali della Natalità il 14 maggio scorso. Sarebbe buona cosa non dimenticarlo, soprattutto da parte dei cattolici impegnati a difendere la vita e la famiglia e a costruire un percorso politico che abbia come riferimento il bene comune. Quest’ultimo infatti non potrà mai essere raggiunto senza invertire il declino demografico e quello dei matrimoni, tenendo conto che nel 2019 l’Italia ha registrato il tasso di matrimonio più basso nell’Unione Europea, pari a circa 3 matrimoni per mille abitanti (3,1) (dati Eurostat riportati dall’ANSA).

«Questo nostro Paese» – ha detto il Pontefice – «dove ogni anno è come se scomparisse una città di oltre duecentomila abitanti, nel 2020 ha toccato il numero più basso di nascite dall’unità nazionale: non solo per il Covid, ma per una continua, progressiva tendenza al ribasso, un inverno sempre più rigido».  «Eppure tutto ciò» – ha aggiunto Papa Francesco -«non sembra aver ancora attirato l’attenzione generale, focalizzata sul presente e sull’immediato».

Certamente la pandemia esiste e fa paura, così come anche la crisi economica conseguente, che ha colpito soprattutto le fasce meno garantite della società, a cominciare dai lavoratori autonomi e dai precari.

Certamente esiste la forsennata volontà delle forze politiche di sinistra di fare approvare una legge liberticida, inutile e divisiva come il ddl Zan. Se tuttavia l’attenzione della popolazione e, soprattutto, dei media e delle forze politiche rimanesse concentrata esclusivamente su questi aspetti, senza elevare lo sguardo al declino che investe l’Italia, allora ogni ripresa diventerebbe impossibile. Non basta sconfiggere il Covid, non basta gridare nelle piazze la propria protesta, se non ci si aiuta a guardare più in profondità. Ecco perché sono importanti le parole del Pontefice: «una società che non accoglie la vita smette di vivere. I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo!».

E ancora: bisogna «ritrovare il coraggio di donare, il coraggio di scegliere la vita». Il Papa ha quindi dedicato una parte del discorso al «primato del dono!, codice sorgente del vivere comune». Anche qui una riflessione: non si tratta di qualcosa di sentimentale, ma di una componente fondamentale del bene comune, perché senza adottare la logica del dono non si riuscirà a invertire il trend demografico, che nasce anche da una mentalità individualista che privilegia «le finanze ai figli, il fatturato alla famiglia».

Ma c’è un altro tema importante, affrontato dal Papa, la «sostenibilità generazionale. Non saremo in grado di alimentare la produzione e di custodire l’ambiente se non saremo attenti alle famiglie e ai figli. La crescita sostenibile passa da qui. La storia lo insegna. Durante le fasi di ricostruzione seguite alle guerre, che nei secoli scorsi hanno devastato l’Europa e il mondo, non c’è stata ripartenza senza un’esplosione di nascite, senza la capacità di infondere fiducia e speranza alle giovani generazioni. Anche oggi ci troviamo in una situazione di ripartenza, tanto difficile quanto gravida di attese: non possiamo seguire modelli miopi di crescita, come se per preparare il domani servisse solo qualche frettoloso aggiustamento».

Anche il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, sempre agli Stati Generali della Natalità, ha proposto un obiettivo concreto e realistico da oggi al 2030 per invertire il declino demografico, superando il crollo dei matrimoni avvenuto nel 2019 e nel 2020 e favorendo, così, un aumento di 130.000 nati (+33%) nell’arco di un decennio (2020-2030).

Su questo punto conviene fare una riflessione. Oggi tutti sembrano esclusivamente concentrati soltanto sul presente (…). Quasi nessuno pensa a costruire un percorso sul medio-lungo periodo che favorisca una conversione culturale, senza la quale il suicidio demografico sarà irreversibile. Le parole del Papa spingono nella direzione della rinascita e quelle di Blangiardo indicano un obiettivo concreto: non lasciamole cadere e usiamole come punto di partenza per una controrivoluzione culturale.

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