IL VANGELO E LA POLITICA (di Marco Invernizzi)

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Nel mondo cattolico, alcuni hanno criticato le esternazioni cristiane del leader della Lega, Matteo Salvini, espresse soprattutto durante il comizio tenuto a Milano sabato 24 febbraio, quando ha esibito un rosario regalatogli da un sacerdote, confezionato da una donna impegnata nella lotta contro la prostituzione, e ha anche giurato da premier sul Vangelo oltre che sulla Costituzione, ricordando che il suo partito vuole fare diventare primi gli ultimi e dunque citando in questo senso le parole dell’evangelista san Matteo.
Posso capire che ci siano delle perplessità circa la strumentalità dei gesti, trattandosi di un esponente politico che certamente non ha né un vissuto né un retroterra culturale “cattolico”. Tuttavia invito a fare una riflessione su due aspetti non secondari che dovrebbero accompagnare questo genere di esternazioni.

Il primo è che non abbiamo strumenti per giudicare le intenzioni di un uomo politico. Possiamo solo giudicarne gli atti. Tanto per fare un esempio, non conosciamo quali motivazioni interiori abbiano spinto, a suo tempo, Silvio Berlusconi, quando aveva responsabilità di governo, a emanare il decreto “salva Eluana” per sottrarre all’eutanasia la giovane Eluana Englaro (1970-2009). Sappiamo solo che l’ha fatto, sapendo anche che la povera ragazza è morta di fame e di sete perché un altro politico, il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, si è rifiutato di ratificare il decreto del governo Berlusconi.

Il secondo aspetto su cui riflettere è il seguente: se proprio lo vogliamo criticare, chiediamo a Salvini perché e che cosa ha a che fare con il Vangelo e con il Rosario da lui evocati la presenza di Giulia Bongiorno sul palco e in tanti collegi elettorali, una candidata che ha chiaramente espresso posizioni contrarie a quelle che sono patrimonio della morale naturale e cattolica. Prendiamo cioè per buoni questi gesti, ma chiediamo che producano conseguenze coerenti…

Invito anche a una ulteriore riflessione e lo faccio senza alcuna intenzione polemica, convinto che le polemiche stiano facendo soltanto male all’auspicabile e necessaria unità del mondo cattolico, almeno sui princìpi fondamentali del bene comune: perché non apprezzare il buono che sta dietro questi gesti? Perché non apprezzare il legame fra una corona del rosario e la lotta per riportare alla vita le donne che cadono nella trappola della prostituzione? Perché disprezzare il legame tra Vangelo e politica in un’epoca di radicale laicismo politico che però non si dimentica di fare leggi come quelle dell’ultimo governo: divorzio breve, legalizzazione della droga, unioni civili anche omosessuali e apertura all’eutanasia? Insomma, perché non ricordare che il laicismo non è la laicità, che la preghiera ha anche una valenza pubblica e non solo personale, e che portare il Vangelo nella vita di una nazione non è fondamentalismo, ma animazione cristiana dell’ordine temporale, come spiega il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) nel decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem del 1965?

Man mano che si avvicinano le elezioni, la politica tende a manifestarsi nei modi più pittoreschi, e questa è una caratteristica della “civiltà dell’immagine” in cui siamo immersi. Poi però arriverà il 5 marzo e la politica-spettacolo ritornerà dietro le quinte. Sarà allora il tempo di riprendere il lavoro culturale sui territori e portare nei cuori delle persone il seme del Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa, premessa di una nuova società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio, come diceva Papa san Giovanni Paolo II(1978-2005).

Marco Invernizzi

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