LA DITTATURA ANTICATTOLICA (recensione a cura di David Taglieri)

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Don BoscoDa poco sono stati celebrati i 150 anni di Unità Italiana, e il Risorgimento l’ha fatta da protagonista: in realtà dalla storiografia tradizionale -e con il buon senso- ci rendiamo conto che l’Italia in quanto Nazione culturale esisteva già dai tempi di Dante; quello stivale colorato di verde all’interno e circondato dal blu, sovrastato dal cielo azzurro era già geopolitica che si faceva patria.

Certo è bene non passare da un eccesso all’altro: il Risorgimento va riletto, non solo condannato, tanti aspetti lo ridimensionano, tuttavia il momento storico va ricordato, senza che lo si ammanti di retorica.

La dittatura anticattolica. Il caso don Bosco e l’altra faccia del Risorgimento” (Antonio Socci, pagg 246, Edizioni Sugarco) parte proprio da questa finalità: rileggere, analizzare, valutare i pro e i contro, con una tecnica particolare, quella di proiettare tale periodo sulla figura di Don Bosco.

Quando si parla di un personaggio ci si riferisce inevitabilmente alle origini, al territorio di appartenenza, e allora si descrive il Piemonte, già a metà ottocento definibile come una micro regione più integrata alla Francia che alla Sicilia. Oppure più integrata all’Inghilterra che alla Lombardia.

Certo un dato di fatto c’era nell’Italia divisa di quel momento storico, lo dimostra Socci, lo comprova Sergio Romano: l’unico motivo di coesione oltre alla cultura millenaria, etrusca e grecoromana, era la religione, con la Chiesa e le tradizioni cattoliche che come un vento si erano diffuse su tutta la penisola, lasciando un alone di compattezza ed unione.

Molte le fonti prese in considerazione da Socci per approfondire il suo saggio, ad esempio un liberale non credente come Ernesto Galli della Loggia, che sottolinea come l’Italia sia stato l’unico Paese nel quale il processo di unità sia avvenuto in pieno contrasto con la Chiesa nazionale.

Torna il filo conduttore del saggio: l’incompatibilità fra patria e religione, che è diventata, in virtù di una travisata laicità che in realtà si fa laicismo, elemento fondativo della nostra identità collettiva come Stato nazionale.

Socci mette bene in evidenza il personaggio Don Bosco, senza mai decontestualizzarlo dalla storia, dagli eventi, dagli episodi di violenze, fisiche, morali, verbali che caratterizzarono quel momento storico. Mai come in quel momento Stato e Chiesa furono divisi.

La valenza della persona è sintetizzabile nella comunicativa e nella straordinaria attitudine a instaurare con i giovani dialoghi veri: due i momenti legati alla sua formula educativa, l’elevazione sociale e la dignità culturale dei suoi insegnamenti incentrati su preghiera-formazione-azione.

Furono tanti i giovinetti, i bambini, i senza lavoro salvati dalla strada: ciò sottolinea la poca attenzione dei movimenti risorgimentali per il sociale. E infatti il Risorgimento stesso si caratterizzò per uno scopo ed un target quasi elitari, come se tutte le istanze di crescita e miglioramento provenissero solo dall’alto, senza un interfaccia popolare.

Da ciò deriva anche il divario fra Nord e Sud, che oggi fa le spese di un Risorgimento imposto contro la più genuina anima popolare. Utile in tal senso la lettura di “Sud”, di Pino Aprile.

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