LA TERZA ARMENIA, NATA DAL POST-COMUNISMO (Corriere del Giorno, 10 agosto 2007, pag.5)

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9788883358463g.jpg Pietro Kuciukian , italiano ed armeno, figlio di un sopravvissuto al genocidio operato dai Turchi nel 1915, è medico chirurgo che vive e lavora in Italia. Ma il suo cuore è là, fra i monti e gli altopiani della sua Patria d’origine. E’ questo che lo spinge a ritornare spesso sui luoghi dei padri, e a trasfondere i suoi sentimenti e le sue esperienze in libri di valore.

Dopo aver scritto ampiamente sui tragici fatti che nel 1915 spinsero i Turchi a massacrare oltre un milione di Armeni inermi, specialmente con estenuanti marce nei deserti fra Anatolia e Siria, adesso Pietro Kuciukian si cimenta con il presente, e in un modo del tutto originale. Ne è nato un nuovo libro che è un taccuino di viaggio, ricco di testimonianze importanti su quella che oggi è la nuova Armenia e, in generale, il popolo e la terra del Caucaso ad oltre 15 anni di distanza dal crollo dell’Unione Sovietica.

In questa regione ancora si intrecciano le vicende di mille popoli ed etnie diverse, per cui è arduo ritagliare confini e semplicistici spartiacque; da qui il problema – comune del resto a tante altre parti del mondo – del rispetto delle minoranze etniche e delle loro richieste di autonomia.

Il volume, edito da Guerini & Associati (Milano, febbraio 2007, pagg.186, euro 18,00) si intitola “La terza Armenia. Viaggio nel Caucaso post-sovietico” . E di un viaggio effettivamente si tratta: un lungo affascinante viaggio che l’Autore compie insieme a sua moglie a bordo di una motocicletta, su e giù per le impervie strade del Caucaso, dove non solo l’asfalto, ma persino la terra battuta spesso cede il passo a sentieri appena tracciati

Con i pochi effetti personali indispensabili, i due viaggiatori si portano al seguito uno strumento particolare: il libro del Cavaliere ugonotto Jean Chardin (1643-1713), che giovanissimo compì la traversata della Turchia e dell’Armenia per raggiungere, dalla Francia, la lontana India. Pietro Kuciukian segue il diario del Cavaliere Chardin, che descrisse con novizia di particolari i luoghi e i popoli dell’Armenia: delle tre Armenie, precisa l’Autore, perchè oltre all’attuale, che è la Repubblica indipendente nata dalle ceneri della disciolta Unione Sovietica, vi è la prima Armenia, quella storica dell’Anatolia, territorio posto all’estremità orientale della Turchia e teatro della strage del 1915; vi è infine la terza Armenia, che coincide essenzialmente con alcuni territori dell’attuale Repubblica di Georgia, in partico lare con la regione del Giavakh.

Ecco allora che l’Armenia di oggi non è soltanto quella indicata sulla cartina geografica, ma ha confini ben più ampi che vanno dall’interno della Turchia fino alla Georgia.

Il viaggio di Pietro Kuciukian segue questo itinerario: si snoda fra l’attuale Repubblica d’Armenia – partendo dalla capitale Yerevan e giungendo sino ai confini con l’Iran – e il Giavakh georgiano.

Non tocca quindi la “Prima Armenia”, quella storica, dell’Anatolia, la terra dei padri, anche perchè il confine con la Turchia è tuttora chiuso, invalicabile per l’ostinato rifiuto di Ankara di riconoscere il genocidio armeno. Come se la Germania di oggi rinnegasse l’Olocausto.

Al confine fra Turchia e Repubblica d’Armenia si trovano ancora i soldati russi, che numerosi stanziano in Armenia. Tutta la regione del Caucaso meridionale è infatti attraversata dal recente confronto fra il rinato protagonismo geo-politico della Russia di Putin e gli Stati Uniti.

All’interno di tale scenario, nel Caucaso meridionale, sono tre gli Stati interessati : l’Armenia, la Georgia, l’ Azerbaigian.

L’Armenia cristiana è in ottimi rapporti con Russia e Iran, e da questi trae le indispensabili risorse energetiche; la confinante Georgia, pure essa cristiana, dopo la Rivoluzione delle rose che nel 2004 defenestrò Edward Shevarnadze, si è legata agli Stati Uniti e all’Azerbaigian. La Georgia preme affinchè le ultime truppe russe ancora stanziate sul suo territorio lascino al più presto il Paese L’ Azerbaigian, musulmano ma finora fedele alleato degli Stati Uniti, è a sua volta in collisione di rotta con l’Armenia per la vetusta questione del Nagorno-Karabagh, provincia di etnia armena ma incuneata in territorio azero. Le abbondanti riserve petrolifere partono dall’ Azerbaigian con il nuovissimo oleodotto (la pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan) che attraversa la Georgia e raggiunge la Turchia e il Mediterraneo, evitando tanto il territorio russo che quello armeno. Tutto questo complicato mosaico presenta al suo interno ulteriori scenari etnici, con enclave disegnate dalla storia e spesso dalla violenza degli uomini.

Fra queste “ridotte” vi è appunto il Giavakh, e cioè quella che Pietro Kuciukian chiama la “Terza Armenia”.

Questa regione, pur essendo abitata in massima parte da Armeni – molti dei quali profughi ai tempi delle persecuzioni turche – è inglobata con altri territori georgiani in un’unica provincia dipendente da Tbilisi. E’ questa la terra natale, tanto per intenderci, del cantante franco-armeno Charles Aznavour. Insomma la “Terza Armenia” vive oltre gli attuali confini politici della Repubblica d’Armenia, in una situazione non facile, perchè la Georgia, già provata dal duro braccio di ferro con il Predidente russo Vladimir Putin, è costretta ad affrontare altre sfide autonomistiche al suo interno: in particolare con l’Ossezia del Sud e con la Abkhasia. Dunque, riferisce l’Autore, la Georgia non vuol sentire nemmeno parlare di autonomia del Giavakh, ed attua una politica di limitazione dei diritti culturali ed identitari degli Armeni del Giavakh. La Repubblica armena, dal canto suo, già soffocata economicamente dalla chiusura dei confini con la Turchia e dall’ostilità sempre latente con l’Azerbaigian, non è in grado di aprire un ulteriore contenzioso anche con la Georgia. Per cui la “Terza Armenia”, almeno per il momento, è costretta a non vedersi riconosciuti i propri diritti linguistici, etnici, culturali.

L’Autore non rivendica autonomia per questa terra a lui cara, ma sostanzialmente più attenzione da parte delle Autorità georgiane a certi diritti civili imprescindibili, come il bilinguismo e un più equo accesso degli Armeni nella pubblica amministrazione

In fin dei conti, come Kuciukian scrive nell’introduzione, chi è Armeno è consapevole ” di far parte di un popolo la cui identità non si è fondata su una territorialità stabile, ma su un’appartenenza culturale che si è espressa nell’adesione al cristianesimo delle origini, nella lingua scritta e nella conquista dei diritti umani e civili ” (pag.1).

Roberto Cavallo

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