L’ITALIA DEGLI ANNI DI PIOMBO (recensione a cura di David Taglieri)

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Spesso la cronaca e la politica vengono relegate nella soffitta del noioso e del banale, anche per colpa di una indubbia mancanza di comunicativa degli operatori sul campo, e a causa di linguaggi complicati che tendono ad allontanare la gente da tali tematiche.

Poi la politica -e la magistratura sua alleata- hanno in questa epoca, come ieri, selvaggiamente portato avanti la dottrina sconclusionata e faziosa in virtù della quale la violenza viene solo e sempre da una parte.

In continuità con quella logica anche i conflitti d’interesse sono riconducibili solo a una persona, e nel frattempo si dimenticano volutamente i rapporti fra banche e partiti, a sinistra ad esempio, o le famiglie (il centro, vi dice qualcosa?) sistemate in politica.

Indro Montanelli e il suo fedelissimo braccio destro Mario Cervi ci insegnano invece come la cultura tutta non possa perdere l’appuntamento dell’incontro con il punto di vista popolare.

Bisogna parlare semplice, diretto, perché tanto più la vita italiana è attraente sul percorso della storia, tanto più è giusto saperla trasmettere, con i canali dell’obiettività e gli occhi di chi gli eventi li ha vissuti, sperimentati sulla pelle, attraversati con la sofferenza e la responsabilità.

L’Italia degli anni di Piombo di Cervi-Montanelli (Edizioni Bur Rizzoli, pagg. 239) prende per mano il lettore e lo conduce in un periodo di grande crisi e tensione all’interno della Penisola.

L’intervallo preso in considerazione è quello fra il 1965 ed il 1978: la strage di Piazza Fontana, la contestazione studentesca, l’iniziale sottovalutazione dei processi e dei fenomeni eversivi da parte della politica e della società civile, che fu funzionale alle strategie legate ai movimenti di tensione e di protesta.

Una classe politica allo stesso modo incapace di fronteggiare le emergenze; gli anni di gomma e il confronto fra Dc e Pci, con il movimento-partito scudocrociato, troppo ampio e attraversato da correnti variegate per poter prendere delle posizioni chiare e precise. C’era tutto un elettorato da conservare diviso fra ispirazione conservatrice, ambiguità centriste, aperture progressiste. Il Pci a sua volta era caratterizzato dal confronto di due ali, quella più estremista, pronta a giustificare e argomentare le violenze rosse, e un Pci moderato, che si trovava in imbarazzo rispetto a certe posizioni forti.

L’Aldo Moro leader DC personaggio con i suoi discorsi arzigogolati, ma poco concreti ed estenuanti per la gente comune.

E i giorni drammatici del rapimento, con il quesito che divise mondo politico, istituzionale, universo giornalistico e società: trattare con il terrorismo per il bene di una persona o comportarsi da statisti e non cedere per nessun motivo alle richieste dei violenti?

Poi la geopolitica e l’equilibrio Est-Ovest, Urss-Usa, le amicizie dei partiti e i relativi finanziamenti; quindi i giornali, un’emeroteca storica che analizza gli strumenti cartacei nel clima di guerra con i denti e il sangue.

Giustappunto la nascita del “Giornale” nel 1974, e di “Repubblica” nel 1976: il “Giornale” coraggiosamente lottava contro tutti i terrorismi, ma soprattutto contro quelli di sinistra, in un momento nel quale il postulato politicamente corretto -tutto postfascista- era che la violenza venisse solo da destra.

Nel libro i fatti sono riportati con lucidità, pause ed intervalli di riflessione, e anche con una certa passione mitigata da esperienza e saggezza. Soprattutto, Cervi e Montanelli ci dicono con le loro opere che lo studio narrativo della storia è fondamentale, perché ci migliora: dagli errori ci risolleviamo, sui pregi non bisogna cullarsi, ma farne tesoro.

Il filo conduttore territoriale si gioca sulla sponda Milano-Roma, la prima capitale industriale -e sede del “Giornale”-, la seconda capitale effettiva.

La chiarezza di Montanelli, la saggezza ironica e la sagacia toscana ci mancano. Tuttavia, ogni giorno sul “Giornale” c’è la Stanza, quella che fu di Indro, un confronto di Mario Cervi con i lettori su storia, costume, società. E spesso vien fuori qualche aneddoto sull’Indro Nazionale.

…il marchio sanguinoso del terrorismo sarebbe stato apposto alla vita del Paese per tutti gli anni settanta…

Leggere per non dimenticare. 

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