MONS. FISICHELLA NELLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIOVANNI BATTISTA DE ROSSI (di David Taglieri)

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PRESENTAZIONE LIBRO MONSIGNOR RINO FISICHELLA
Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione

7 maggio 2013: Monsignor Rino Fisichella (dal 30 giugno 2010 Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione) è ospite di Don Mario Pecchielan, alla parrocchia San Giovanni Battista de Rossi di Roma, per parlare di fede nell’epoca del relativismo etico.

Don Mario è sempre attento nel proporre incontri di grande spessore fra parrocchiani e illustri personaggi della Chiesa, del giornalismo, della società civile.

Mons. Fisichella parla specificamente di analfabetismo religioso, perché oggi serve una giustificazione dell’essere credenti, perché ci si allontana dagli interrogativi più profondi e si cede alla società della frivolezza dove non ha più senso né valore l’io in rapporto a Dio.

Dobbiamo riappropriarci della realtà del Battesimo, della preparazione a questo momento; si è invece interrotta la trasmissione della fede, che è anche tradizione, mantenimento in vita del filo invisibile che unisce i padri ai figli.

Deve essere assicurato un buon grado di circolarità fra famiglia, scuola, ambienti formativi come le parrocchie; per poter fare in modo intelligente, operativo e positivo è necessario riqualificare noi stessi: l’imperativo è una cultura della vita che venga prima dell’economia e della politica e assicuri il passaggio da un’epoca all’altra senza stravolgere la connessione con Dio, con il diritto naturale e la fede.

Siamo davvero nella post-modernità; la crisi è collettiva, sta annientando corpi e menti, riguarda tutto l’uomo, è antropologica. Si è pensato che l’indipendenza fosse un termine di liberazione dall’Assoluto, dall’Eternità, dall’Infinito e invece l’uomo ha perso se stesso, rinunciando a radici, tradizioni e padri, ed è sempre più scontento.

Mons. Fisichella usa una bella immagine, chiede spesso nelle lezioni ai ragazzi quanti posseggano un cellulare; ovviamente tutti alzano la mano, ma è simpatica la conclusione: se nella vita manca Gesù non c’è connessione, non c’è campo.

Il linguaggio mette in relazione più concetti, talvolta li mescola e si perde la differenza fra forma e sostanza. I nativi digitali, quelli del ‘95, coloro che per forza di cose non hanno percezione di cosa fosse la vita prima della tecnica e della tecnologia all’ennesima potenza, vivono nella confusione generale dei media, anche se molti di loro sono in grado di confrontarsi con questo clima tirando fuori il meglio di se stessi, a volte utilizzando con grande criterio questi nuovi mezzi tecnologici.

Ma i mezzi sono per delle finalità più grandi che li superano; mai perdere la distinzione fra contenitori, internet e contenuti.

Oggi una delle espressioni più utilizzate è il “secondo me”: un bene per interessanti scambi di opinioni, ma abusato nelle disquisizioni sulla Verità. Quando si tratta della Verità il “secondo me” non vale; esistono delle fondamenta per il credente sulle quali non si possono consumare comode discussioni.

Definizioni forti quelle di Fisichella, sempre però accompagnate da garbo e delicatezza.

L’uomo deve tornare ai tre interrogativi: da dove vengo, chi sono, dove vado; dopo il monitoraggio sulla situazione attuale, Fisichella afferma che, preso atto del periodo difficile, il cattolico deve portare la sua testimonianza, l’esempio, l’entusiasmo, l’umiltà.

La domanda di senso ci può galvanizzare, ci può stimolare ad accettare i limiti senza rinunciare all’esperienza del miglioramento. Pregi e difetti rendono l’uno differente dall’altro, fanno dell’uomo un’occasione unica e irripetibile, della vita un’opportunità da cogliere, da vivere, ma anche la possibilità di farsi domande più profonde.

Amare è condividere, è portare ai fratelli la consapevolezza che non tutto è qui; mentre la fede è stata codificata in fatto privato e cosificata nei piaceri mondani.

Chiarisce, Fisichella, che il mondo deve essere vissuto, ma sempre con la domanda di senso, filo conduttore della bella conversazione che il suddetto oratore e il bravo Don Mario ci hanno regalato.

 

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