NAGORNO KARABAKH: ARMENI SACRIFICATI

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Dopo che per quasi vent’anni l’Armenia ha riposto le sue speranze nella Russia putiniana, oggi riceve il ben servito. Certo, circondata da un mare islamico – Turchi, Azeri, Iraniani – la piccola Repubblica negli anni scorsi ha dovuto far buon viso a cattivo gioco e affidarsi al potente vicino russo…

Nonostante negli anni ’90 – dopo il crollo dell’U.R.S.S. – l’Armenia fosse riuscita a salvaguardare la libertà del territorio autonomo del Nagorno Karabakh (una piccola enclave abitata da armeni cristiani), oggi l’esercito dell’Azerbaijan, spalleggiato dalla Turchia di Erdogan, ha quasi inglobato la piccola regione popolata da poco più di centomila cristiani.

Dopo mesi di tensioni e sanguinosi scontri, nella giornata del 19 settembre 2023, l’Azerbaijan ha lanciato una operazione militare in grande stile nel Nagorno-Karabakh e diverse bombe sono cadute nei pressi della capitale regionale Stepanakert, causando morti e feriti. L’operazione azera, giustificata con il solito pretesto della lotta al terrorismo, si è per il momento conclusa con una tregua ancora più stringente per gli Armeni del Nagorno, costretti al disarmo.

Di fatto i Russi e Putin hanno sacrificato l’alleanza con l’Armenia sull’altare del tornaconto internazionale, vista la necessità di tener buono l’amico turco in funzione anti-ucraina ed anti-occidentale.

A pagarne le conseguenze sono i villaggi del Nagorno Karabakh, oggetto di duri bombardamenti e violenze (prima nel 2020 e poi in questi ultimi giorni), che rasentano il genocidio, in quanto ogni via di comunicazione è stata chiusa dall’esercito azero: mancano cibo e medicinali. La Repubblica armena da parte sua – lasciata sola da Putin – nulla può contro lo strapotere turco-azero, e così ancora una volta l’ombra del genocidio aleggia sugli Armeni del piccolo Nagorno Karabakh.

Proprio i Russi, che schierano un contingente di pace di 2.000 militari, hanno suggerito alle milizie dell’Artsakh (l’autoproclamata repubblica del Nagorno Karabakh) di arrendersi, rimettendosi alla “clemenza” degli Azeri.

Questa è la fine che tocca a chi  – anche se in buona fede – confida in Putin.