Notizie dall’estero 19 giugno 2006

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iraqi_prime_minister_nouri_al-maliki.jpg Un cordiale ben ritrovati a tutti gli ascoltatori che con pazienza ci seguono in quest’itinerario fra le strade del mondo.
Con l’appuntamento di oggi terminiamo questa pagina settimanale sull’informazione internazionale, in concomitanza con l’ imminente pausa estiva.
Bene, allora apriamo questa ultima puntata di oggi, apriamo la nostra finestra sul mondo con un aggiornamento che viene dall’Iraq.
Mentre purtroppo continuano gli scontri fra Sciiti e Sunniti, e continuano tanto i rapimenti quanto le esplosioni degli uomini-bomba nelle moschee, il premier Al Maliki ha scelto gli uomini che andranno a ricoprire le cariche ministeriali – della difesa e degli interni – che servivano a completare la compagine governativa.

Si tratta di un passaggio di non poco conto, perchè completa il quadro istituzionale iracheno, nato dalle ripetute libere elezioni che si sono svolte nel Paese. Attraverso questa nostra rubrica settimanale abbiamo informato di volta in volta sul progredire della rinascita e della formazione delle nuove istituzioni irachene del dopo-Saddam; ebbene possiamo dire che adesso il quadro istituzionale è pressocchè completo. Certo, perfino il presidente Bush a seguito del suo recente viaggio-lampo a Baghdad, ha ammesso che ora, più che mai, il futuro dell’Iraq è nelle mani della sua gente: il Paese ha comunque gli strumenti per avviarsi sulla strada della democrazia e di una relativa pace, oppure può sprofondare definitivamente nella guerr a civile, di tutti contro tutti. Mentre l’Italia di Prodi e D’Alema avvia febbrilmente le operazioni di ritiro dei nostri soldati, speriamo davvero che tanta brava gente irachena riesca a farcela con le sue forze e con l’aiuto degli Stati Uniti, aiuto che ancora non mancherà.
E adesso occupiamoci di un altro argomento, e cioè di un interessante articolo apparso sul giornale Avvenire, che come sapete è il quotidiano della CEI, la Conferenza dei Vescovi italiani.
Avvenire dà spazio al viaggio in Italia di Asma Jahangir, che è una donna pachistana di 54 anni, avvocato e attivista nel suo Paese per i diritti umani.
Proprio in tale veste nel 2004 è stata nominata relatrice speciale delle Nazioni Unite sul problema della libertà religiosa nel mondo, all’interno della Commissione ONU per i diritti umani. A tal proposito ricordiamo anzi che, come riporta Repubblica del 19 giugno a pagina 18, di recente la Commissione è stata trasformata in Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. E’ da notare che nello stesso Comitato permanente del nuovo Consiglio fanno parte anche Cuba e la Cina, notoriamente poco rispettosi dei diritti umani.
Ma torniamo all’articolo di Avvenire e al viaggio in Italia di Asma Jahangir Il suo mandato consiste dunque nella protezione e nella promozione della libertà religiosa.
Il 16 giugno scorso Asma Jahangir che nel suo Paese si batte anche per la tutela della dignità delle donne, è stata in visita in Vaticano per concordare nuove strategie di promozione del diritto di libertà religiosa. Tale diritto infatti oggi più che mai è conculcato e negato in tanti Paesi del mondo.
Nell’articolo di Avvenire dello scorso 17 giugno leggiamo (a pag.3): “Violenze, arresti, persecuzioni, discriminazioni, ma anche torture e uccisioni per il solo fatto di credere o di professare la propria religione. In alcuni paesi, come l’Arabia Saudita, basta solo possedere una Bibbia per finire in prigione. In altri, come le Maldive, che pure è il paradiso dei vacanzieri, addirittura non si ha diritto alla cittadinanza se non si segue l’Islam. In Sudan si viene esclusi dalla cerchia familiare se battezzati. In Nigeria si viene uccisi se si cambia religione A quasi 60 anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la libertà religiosa è ancora una chimera per milioni di persone al mondo. In molti paesi questo fondamentale diritto umano non è nemmeno riconosciuto come tale. E negli ultimi anni si è assistito ad una recrudescenza delle violenze e delle persecuzioni verso i credenti, che hanno avuto il loro picco dopo l’11 settembre, nel clima di scontro di civiltà che si è registrato”.
Ma quali sono le aree del mondo dove maggiore è la violazione della libertà religiosa? Per Asma Jahangir l’elenco comincia dalla Cina:, dove l’intolleranza religiosa si esprime non solo verso i cristiani, ma anche verso i musulmani e verso i seguaci del Falun Gong, che è una setta di origine confuciana. Ma poi l’elenco prosegue con la Corea del Nord, con il Vietnam e l’Indonesia, dove spesso i musulmani bruciano le chiese cristiane, e ancora l’India, il Bangladesh, e poi moltissimi Paesi arabi come Iran ed Iraq. E ancora molti paesi dell’Africa, come il Sudan, dove è in atto un vero e proprio genocidio di cristiani e animisti. Ma, a sorpresa, la signora Asma Jahangir indica anche la Francia quale terra dove i diritti religiosi non godono di una completa tutela. Ed infatti proprio la Francia, con la nuova legge iper-laicista approvata nel 2004, è diventata un’area emergente di intolleranza verso chi crede. La nuova legge ha imposto limitazioni per chi esprime la propria fede e indossa particolari simboli religiosi. Se è stata pensata per impedire alle donne musulmane di portare lo chador, che impediva il riconoscimento delle donne anche nei documenti di identità, di fatto quella legge colpisce anche i credenti di altre fedi, compresi i cristiani, cui viene per esempio proibito di esporre croci superiori ad una certa grandezza.
E veniamo ad un’altra notizia che in questi giorni sta occupando le pagine della cronaca estera dei giornali. Parliamo della guerra civile in Somalia, dove le Corti islamiche stanno di fatto vincendo la sfida contro i cosiddetti signori della guerra. Chi sono i protagonisti di questa guerra? Le Corti islamiche rappresentano le organizzazioni musulmane integraliste, probabilmente legate in modo diretto ad Al Qaeda, che tentano di instaurare la sharia in Somalia, Somalia che tentano di trasformare in un emirato islamico. Le Corti islamiche ricordano insomma molto da vicino i Talebani dell’Afghanistan, e in effetti perseguono un progetto di completa islamizzazione della società. Già sul Corriere della Sera di domenica 18 giugno, a pagina 14, leggiamo le interviste rilasciate da alcune donne somale costrette alla rigida osservanza musulmana: niente più libertà di vestirsi o di truccarsi, o di esercitare un’attività economica in pubblico. Mentre intanto per gli uomini si estende l’ obbligo della barba lunga e per tutti vige il divieto di vedere la televisione, nemmeno le partite dei mondiali, e così via.
Dall’altra parte fronteggiano le Corti islamiche i vecchi Signori della guerra che gli Stati Uniti inutilmente tentarono già di fermare nel 1991. I Signori della guerra sono milizie tribali ed etniche, a volte semplicemente criminali, che negli ultimi tempi si sono riavvicinati agli Stati Uniti pur di fermare la coalizione fondamentalista islamica, che ormai però appare irrefrenabile. E infatti non solo Mogadiscio, che è la capitale, ma gran parte della Somalia è ormai sotto il potere delle Corti islamiche, che adesso anzi esaltate dal successo inneggiano alla guerra santa, alla jihad oltre confine, verso l’Etiopia cristiana.
Con questi venti di guerra sulla povera Somalia tormentata ormai da oltre 15 anni di guerra civile terminiamo l’appuntamento di oggi con l’informazione internazionale, e, almeno per il momento, chiudiamo con oggi anche la serie degli appuntamenti settimanali. A risentirci quindi dopo la pausa estiva, sempre con l’Internazionale, sempre questa nostra rubrica aperta sui fatti del mondo.
Grazie a tutti per la cortese attenzione con cui ci avete sempre seguito. A risentirci a presto

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