ORIANA FALLACI INTERVISTA ORIANA FALLACI (recensione a cura di David Taglieri)

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Il coraggio dei fatti, l’onestà della verità, il parlar chiaro senza mezzi termini, con  il cuore e fuori dei denti: sono tutta una serie di caratteristiche che potrebbero fotografare al meglio la personalità di Oriana Fallaci, che traspare in “Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci” (Rizzoli, 2004, pagg.126).
Si tratta dell’auto-intervista di una Donna in grado di mettersi in gioco sempre, senza mai perdere di vista i suoi valori e la testardaggine toscana, che nel suo vocabolario personale assume il significato di coerenza.
Il tema principale è il cancro morale che divora l’Occidente e quello fisico che uccide giorno dopo giorno il corpo di Oriana: l’alieno, come lei stessa preferiva identificarlo. Inquietante ed efficace il malessere che la pervade, un malessere figlio dei due tumori, quello interno e quello esterno, che per l’Autrice rappresentano il Dolore Morale.
In un certo senso qui la giornalista fiorentina è ancora più sincera di quanto non lo sia stata durante la sua esistenza, perché sa che non ha più nulla da perdere. Introspettiva nelle domande e perfino molto razionale – quasi spogliandosi del proprio io per interpretare nella maniera più imparziale l’ Oriana interiore -.
La vedo molto stanca” – esordisce l’intervistatrice -; e lei: “male grazie, ma la testa funziona benissimo: mens sana in corpore infirmo”.
Oriana con quella penna combatte, la armeggia come una spada, la malattia le dà grinta, piglio, sano agonismo battagliero. La mente infatti deve e può opporsi alla morte, forse non a quella fisica, ma di certo a quella dell’anima.
Oriana accetta l’intervista anche se ha sempre odiato riceverle. Per un’errata ermeneutica nei rapporti di comunicazione è stata fatta ogni volta oggetto di cattive interpretazioni (anche in mala fede); ho poca vita davanti – ha sentenziato la Medicina – ma ancora tanto, tanto da dire: la sua coscienza si prolunga sulle mani e si fa scrittura, un moto della mente, pensieri raccolti frutto di esperienza e cultura (di libri e sul campo) e molta immediatezza.
Intuisce di risultare antipatica per mancanza di diplomazia, ma preferisce essere limpida, piuttosto che elaborare trattati tanto complicati quanto banali.
Oriana non piange più con le lacrime da quando era bambina, piange con la penna, riporta, su quelle pagine bianche, paure, angosce, sofferenze, rabbia che tuttavia si fanno vita, coinvolgono il lettore e, come in tutte le grandi opere, arriva un momento in cui scrittura e lettura divengono una cosa sola: allora l’Autore ha colpito nel centro.
La notte in cui in Iraq fu ucciso Fabrizio Quattrocchi, Oriana, provata dal freddo e dal cancro, scende dal letto, apre il cassettone ed afferra il tricolore: bisogna tenere fermi i riferimenti della nostra cultura. La bandiera ed il crocefisso sono gli scudi contro lo svergognamento dell’Italia, tanto sbeffeggiata anche all’ interno della stessa Penisola.
Ricordi della visita di Hitler a Firenze nel 1938: la Piazza della Santissima Annunziata, il sole accecante, in contrasto con la figure nere di Hitler e Mussolini; e l’aristocrazia fiorentina tutta dalla parte dei dittatori, con una Oriana bambina e già sbigottita.
Poi il disamore per la politica, nelle differenti responsabilità: la sinistra che ha occupato tutti i settori della cultura e la destra che ha consentito che lo facesse, perché se ne è disinteressata, rivolgendo le sue attenzioni solo a economia e a gestione del potere.
L’Oriana nazionale non risparmia critiche a nessuno e lancia la sua battaglia contro il politicamente corretto, in virtù del quale bisogna farsi trascinare dalle mode del pensiero dominante e non si possono mettere in dubbio le pseudo-verità dei salotti buoni.
Divertente il ritratto di Alberto Sordi, ottimo attore, con personaggi molto reali, che superano anche la fantasia.
La Fallaci sintetizza tutti quei personaggi in un unico tipo ideale, uguale a sé stesso: vile, godereccio, egoista, zerbino con i potenti, arrogante con i più sfortunati …
La professione pubblica per un liberalismo – che mai è esistito in Italia -, l’amicizia con Berlinguer e l’incontro con Vittorio Sgarbi (con lei si mostrò timido ed educato, allorché il critico voleva prospettarle una candidatura), sono piccoli dettagli che rendono ancor più godibile l’auto-intervista.
Occhi indietro sempre rivolti alla storia, mente proiettata sul suo personale senso della vita, e sguardo attento e profondo sui fatti dell’attualità.
Di Berlusconi stima intelligenza e comunicativa, ma odia mitomania e presunzione. Allo stesso modo non capisce come i destini di un Paese possano decidersi sull’amore o l’astio per una singola persona.
Gli estremi confondono: il Cavaliere non è un Dio,  il Cavaliere non è un Diavolo.
E poi l’Occidente: se solo si sforzasse di mettere in pratica i 10 comandamenti, con la sua modernità e la civilizzazione, non avrebbe problemi… Le organizzazioni internazionali vengono dipinte come fredde burocrazie di spot politicamente corretti.
Tanto umorismo, un pizzico di cinismo, senza mai perdere la voglia di gridare in faccia al mondo il suo pensiero, con la speranza che le parole facendosi scrittura creino vita di pensieri ed azioni.
Al termine la paura della morte si trasforma in malinconia, dispiacere che perde il suo vitale umorismo toscano, che la accompagnava anche nello sconforto; l’autoironia è un elemento di intelligenza, ma non sempre è possibile mantenerlo. Nascere è il miracolo dei miracoli, vivere il regalo dei regali e, ancora, “conosco bene la Morte, e fa parte della Vita”.

Frasi che Oriana pronuncia quando è consapevole che non ha più tanto tempo, e inizia a domandarsi se il tempo finisce davvero…

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