“Mentre i primi combattenti separatisti consegnano le armi alla “forza di pace” russa, la Croce Rossa internazionale distribuisce aiuti d’emergenza ai circa 100mila armeni rimasti nei villaggi del Nagorno- Karabakh. Dall’enclave in territorio azero arrivano voci disperate, di chi dice che il mondo ha abbandonato la minoranza cristiana e di chi scappa temendo la pulizia etnica.
Gli armeni del Karabakh, riconosciuto internazionalmente come parte dell’Azerbaigian, sono stati costretti a dichiarare il cessate il fuoco il 20 settembre, dopo una fulminea operazione militare di 24 ore da parte dell’Azerbaigian. Ai separatisti é stata offerta una amnistía le cui condizioni non sono note.
La resa é avvenuta anche sotto la minaccia di rastrellamenti casa per casa. Il futuro del Karabakh e dei suoi 120.000 abitanti di etnia armena è incerto. Circa 10mila persone si sono allontanate dalla regione nei giorni scorsi e altre migliaia si stanno aggiungendo.
Il governo di Erevan (Repubblica armena) ha dato disponibilità ad accogliere 40mila famiglie, grosso modo la totalità dei residenti dell’Artsakh, dal nome armeno del Nagorno.
In poche settimane dal Caucaso meridionale potrebbe perciò sparire la presenza di una delle più antiche comunità cristiane. L’Azerbaigian vuole integrare la regione, a lungo contesa, ma gli armeni dicono di temere di essere perseguitati.
L’Armenia, che ha perso la guerra del 2020 contro l’Azerbaigian per la regione, ha creato uno spazio per decine di migliaia di armeni del Karabakh.
Monsignor Mikael Bassalé, amministratore apostolico dei cattolici di rito armeno dell’Europa dell’Est, ha usato parole drammatiche: «Non abbandonateci. Quello che sta succedendo è una cosa terribile. Il governo azero ha deportato gli armeni nel corridoio di Lachin. Hanno poi attaccato la nostra gente. Tanti sono morti. Tanti sono dispersi perché non ci sono le comunicazioni. È un genocidio», ha detto al Sir.
Fonti di Avvenire nell’enclave confermano come i soldati azeri stiano sparando anche contro le case abbandonate, così da scoraggiare un eventuale ritorno dei profughi. Ci sono anche molti feriti, e diversi non possono essere curati perché negli ospedali é stata staccata l’elettricità.“.
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