SULL’AMPIO CONFINE: STORIE DI CRISTIANI NEL CAUCASO (Corriere del Giorno, 19 giugno 2010, pag. 25)

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CAUCASONel 2007 aveva pubblicato le sue impressioni di viaggio dopo essere andato alla ricerca dei cristiani perduti del Medio Oriente (“Cristiani nelle terre del Corano”).

Adesso Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore, direttore del quindicinale “Città Nuova” (espressione del movimento cattolico dei Focolari) ha dato alle stampe un altro volume, frutto, questa volta, dei suoi reportage nel Caucaso.

Sull’ampio confine. Storie di cristiani nel Caucaso” (2010, Città Nuova Editrice, Roma, pagg. 221) è un racconto che segue due percorsi narrativi, uno parallelo all’altro.

Il primo riguarda i Paesi attraversati, descritti così come si presentano agli occhi di un com une giornalista-viaggiatore.

L’altro percorso, specifico, va alla ricerca delle comunità cristiane, più o meno numerose, che in quei Paesi si incontrano e vivono. In taluni casi si tratta di minoranze quasi insignificanti; in altri di comunità maggioritarie, come in Georgia e in Armenia; terra, quest’ultima, in cui si sviluppò il più antico regno ufficialmente cristiano.

mappa-caucasoBelle e complesse, le regioni del Caucaso si distendono su una catena montuosa per tratti difficilmente accessibile.

Il Caucaso è una lunga e larga zona di frontiera che va dalla steppa russa al deserto iraniano: quasi 500 chilometri in linea d’aria. Un grande, immenso confine, popolato da civiltà millenarie stabilite e potenti, ma anche da etnie di poche centinaia di unità. Ognuna particolarmente fiera della propria storia e della propria identità, che le impervie montagne contribuiscono a tutelare. Dopo l’implosione del sistema sovietico, che con pugno di ferro ne soffocava l’anelito alla libertà, nel Caucaso sono esplose forze compresse per decenni.

Qui si estendono regioni dalle denominazioni talora poco conosciute dall’uomo della strada: alcune sono repubbliche autonome che fanno parte della Federazione russa; altre sono Stati indipendenti; altre ancora sono territori di confine o enclave tuttora contesi sul piano del diritto internazionale e la cui appartenenza costituisce oggetto di scontro, oltre che diplomatico, anche militare.

Appartengono alla Federazione Russa le repubbliche autonome della Cabardino-Balcaria, dell’Ossezia del Nord, dell’Inguscezia e della Cecenia.

Georgia, Armenia e Azerbaijan sono invece Stati indipendenti.

La repubblica di Georgia nell’estate del 2008 si è vista strappare con la forza da Putin le province dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia, ormai controllate dai Russi; mentre la repubblica di Armenia e quella dell’Azerbaijan dal 1993 (fine della guerra) discutono del futuro del Nagorno-Karabakh (enclave cristiana in terra azero-musulmana).

Insomma la vita, nel Caucaso, è un impasto di etnie, culture e fedi che faticano a coesistere e che ogni giorno devono riallacciare i legami reciproci, in continue altalene di pace e di ostilità.

Su tale ampio confine, che geograficamente separa l’Europa dall’Asia, l’ovest dall’est, il meridione dal settentrione, quali sono le sfide che le comunità cristiane devono affrontare?

La prima è tutta interna al mondo cristiano e riguarda non solo il dialogo fra cattolici e ortodossi ma anche fra gli stessi ortodossi, talora separati su base nazionale (chiese “autocefale”).

La seconda sfida afferisce alla convivenza con un Islam più aggressivo rispetto al passato: in alcune regioni, come la Cecenia e l’Inguscezia, si è impiantata – proveniente dal Medio Oriente – la corrente islamica wahabita, una delle più rigorose e intransigenti, sicuramente poco incline al dialogo e all’ origine del terrorismo ceceno. Le due guerre in Cecenia combattute dai Russi hanno mietuto – come noto – migliaia di vittime.

Anche altrove la sfida ha carattere tanto etnico quanto religioso. Negli anni ’90, all’indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica, il conflitto fra cristiani e musulmani si concretizzò nella guerra fra armeni (cristiani) e azeri musulm ani sostenuti dalla Turchia per il controllo del Nagorno-Karabak, oggi repubblica autonoma a maggioranza armena.

Un altro piccolo Stato come la Georgia – a maggioranza ortodossa e che guarda alla NATO e all’Unione Europea – si trova a fare i conti con l’orso russo, che sotto la guida di Putin tende a riappropriarsi del potere perso nella regione nei primi anni ’90 con il crollo del comunismo: qui lo scontro è di natura chiaramente politica.

Ma la sfida più grande è forse quella di carattere antropologico, derivante dagli strascichi del passato socialista.

Zanzucchi in proposito raccoglie la confessione di padre Laurent, il parroco di Nalcik, capitale della Cabardino-Balcaria, che afferma: “L’eredità peggiore del comunismo non sta nell’ateismo, che pure ha fatto tanti danni, ma nella mancanza di coscienza su quello che è la verità: qui non ci si può fidare di nessuno…” (pag. 42).

E il georgiano padre Zurab gli fa eco: “Il comunismo ha lasciato una grande ferita nella gente: la menzogna è ovunque, e così facendo non c’è più fiducia in nessuno. La fede no, quella non è stata distrutta: la chiesa era stata ridotta a silos, ma la gente continuava a celebrare le preghiere cattoliche davanti alle icone che erano state salvate da una famiglia del luogo. C’è questo diffuso sospetto: rubare non è peccato e così tradire e così abortire! Ora bisogna risalire la china” (pag. 127).

Incapacità di assumersi responsabilità, fatalismo, alcolismo, immoralità e corruzione sono i segni tangibili dell’eredità comunista, che ha prodotto lo sfaldamento dei va lori umani. Se alla dissacrazione di stampo socialista si aggiungono le antiche incrostazioni nazionaliste, ci si rende conto come non sia facile ripartire…

Compito dei cristiani – e del piccolo gregge cattolico in particolare – è ridare concreta speranza (lo fanno soprattutto con la Caritas) a un tessuto umano spiritualmente impoverito, dilaniato com’è fra un materialismo pratico che finisce spesso nell’alcool e nella droga e la tentazione del crescente fondamentalismo islamico.

 

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