ZEDENEK ZEMAN, SINCERAMENTE CONTROCORRENTE (di David Taglieri)

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Zedenek Zeman rappresenta una merce rara nel mondo del calcio malato, uno che con le sue dichiarazioni ci ha messo sempre la faccia e ha pagato.

Ricordiamo alla fine  degli anni ‘90 quanto costarono a lui e alle sue squadre le esternazioni con la Lazio e la Roma sulle farmacie nel calcio, perché specie in un determinato momento era diffuso il ricorso a sostanze dopanti per migliorare le prestazioni.

Allontanamento quasi coatto dalla Serie A, silenzio, paura e poi di nuovo i casi che scoppiarono non solo nel mondo del pallone ma in tutti gli sport.

Perché era chiaro che la denuncia riguardava il mondo sportivo a 360 gradi.

Insultato recentemente da Gianluca Vialli per le sue affermazioni di buon senso, si è attirato negli anni antipatie di manager, allenatori e Federazione.

Forse perché lo sport ipocrita accetta che si sconfini dalle sue regole, pur di ottenere risultati? La filosofia di Zeman è quella giusta ed è metafora della vita: giocare a tutto campo, far divertire i tifosi, impegnarsi per vincere anche rischiando.

Il rischio sano in tutte le situazioni può portare a grandi traguardi o a fallimenti improvvisi, ma è la vita, e la vita è esporsi.

Zedenek si dichiara cattolico convinto e praticante, e tenta di mettere al servizio dello sport i suoi principi: ricorda la Cecoslovacchia del comunismo, dove si poteva professare la religione solo di nascosto, e andare a Messa era un pericolo.

Proprio per questo attribuisce alla fede un valore importante, ma al contrario degli Atleti di Cristo non prega mai per le partite, sa di essere aiutato, ma dopo i vissuti di chi rischiava la pelle per la fede non si sente di paragonare una gara di calcio alla vita patita nei regimi totalitari.

E non è presunzione ma approccio differente.

Ha tentato di far uscire il calcio dalle farmacie e dalle palestre, chiarendo che lo sviluppo muscolare è conseguenza di duri allenamenti, corsa, dribbling con la palla, e salite e discese in alta montagna, biciclettate, fatica, ma anche riflessione. A proposito dell’argomento morte, riconosce che l’argomento non va evitato.

Il tecnico boemo preferirebbe, se è proprio impossibile evitarla, “che arrivasse di notte“, mentre dorme nel suo letto, in pace con Dio.

Parlando della sua professione, Zeman afferma che il calcio è “strano e non pulito al 100%”. Nessuno – dice ancora – denuncia gli accordi tra giocatori, quando magari c’era la necessità per qualche squadra di fare un punto, il pareggio della salvezza o della tranquillità.

Onestà poi: “Io sono stato sempre contrario a questo, anche perché se regali un punto a un avversario vuol dire che ne affossi un altro e questo non è corretto.”

Capitolo calcioscommesse: “In Italia, a differenza di altri Paesi, non si è affrontata la questione con fermezza e provvedimenti drastici: altrove chi sbaglia esce per sempre fuori dal gioco”.

Non c’è legalità e la giustizia è un optional; invece di condannare sic et simpliciter l’atto, si pensa prima al valore del giocatore e se sia possibile recuperarlo per introiti e prestazioni sportive.

Domina l’ottica economica.

Lo sport dovrebbe essere vita, fatica, gioia, dolori, sacrificio, volontà, ma pubblicità e società attuale lo hanno trasformato in un affarificio, comodo ai media ed allo Stato, che sfruttano l’interesse di sportivi e tifosi per rimpinguare il sistema.

Definito un provocatore, in realtà risponde alle domande dei giornalisti-vipere con sincerità e si arrabbia quando sente anche la gente comune dire che non dovrebbe esporsi per ottenere antipatie ed arbitraggi sfavorevoli.

Fa sua l’espressione evangelica “il tuo dire sia si si, no no” e ha sempre pensato che agire significhi Verità ed Esempio. Anche una possibilità di dare la parola ai vinti, perché i Vincitori fanno la storia ma la dovrebbero scrivere anche i Vinti.

Bisognerebbe allora insegnare, nello sport come in tutto, il rispetto per la sconfitta dignitosa.

Ultimamente, sempre in risposta ad una provocazione, ha affermato che i vertici del pallone devono uscire dalle banche.

Uno scudetto contro i poteri forti sarebbe il premio migliore; ma quello della moralità l’ha già vinto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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