ALLE ORIGINI DELL’ISLAM: MAOMETTO

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IslamiciNato nel 570 a La Mecca, Maometto nella sua città trascorse la propria infanzia, segnata dalla prematura scomparsa dei genitori. Si trasferì quindi nella casa di suo zio Abu Talib (padre di Alì, cugino nonché futuro genero del Profeta e poi quarto califfo).

A La Mecca visse anche l’adolescenza e gli anni della maturità, alternando il mestiere di pastore con quello di carovaniere. Grazie al matrimonio con un’agiata vedova, Khadijah, mise a frutto le proprie esperienze di mercante raggiungendo una posizione sociale ragguardevole. Ma il suo animo inquieto lo induceva alla riflessione e alla ricerca teologica. Nel mese di ramadan dell’anno 610, quando ha ormai 40 anni, Maometto si ritira in solitudine in una grotta sul monte Hira, nei dintorni della città, per dedicarsi intensamente alla preghiera. Tornato a casa, racconta di aver vissuto esperienze mistiche e di essere stato come rapito da una potenza angelica – l’arcangelo Gabriele – che gli avrebbe messo in bocca una nuova scrittura sacra: il Corano. Il Corano, egli diceva, era la nuova sacra scrittura donata da Dio agli Arabi. Essa andava recitata e salmodiata in arabo: Corano significa infatti “recitazione”. La traduzione in lingue diverse, a favore dei Musulmani non arabi, è un risultato solo di recente acquisizione (1972).

Trovò i suoi primi seguaci all’interno della cerchia familiare e fra gli amici più stretti, che diedero credito alle sue visioni. La prima convertita fu la moglie Khadijah, poi il cugino Alì, quindi il servo Zayd e l’amico di vecchia data Abu Bakr. Abu Bakr e Alì saranno rispettivamente il secondo e il quarto califfo. Nel gruppo dei primi seguaci vi era anche il cugino Waraqah, di religione cristiana, che per primo prospettò a Maometto la possibilità che egli fosse l’ultimo nella linea dei Profeti che avevano parlato ad Ebrei e Cristiani. Fortemente incoraggiato da ciò, Maometto iniziò a predicare pubblicamente che non vi era che un solo Dio e che egli stesso ne era il Profeta.

 IL CORANO

Fece intendere da subito che il Corano non era una qualunque composizione umana, ma un’eco del pensiero di Dio che, dopo i messaggi inviati attraverso i Profeti dell’Antico e del Nuovo Testamento, adesso in modo definitivo faceva sentire agli uomini la propria voce: in cielo, infatti, è posto un Libro sacro, e il Corano ne era la fedele traduzione.

Per i Musulmani il Corano si può paragonare a Cristo: Cristo è il Verbo incarnato, il Corano è il Verbo incarnato.

Maometto perciò non si riteneva il fondatore di una nuova religione, una delle tante che anche allora circolavano per il mondo, ma l’alfiere dell’unica religione originaria monoteistica, vera in assoluto e annunciata dai  Profeti fin dagli albori dei tempi.

Le rivelazioni private durarono per tutto il corso della sua vita e in più di un’occasione modificavano il contenuto di quelle precedenti, dando origine a diversi e gravi problemi interpretativi. La regola ermeneutica utilizzata fu quella dell’abrogazione, secondo la quale una rivelazione posteriore poteva abrogare o modificare quella precedente.

Il Profeta non scrisse mai nulla di persona, ma furono i suoi dieci segretari a stendere in forma scritta le sue esperienze mistiche, così come Maometto le riferiva. Nei 10 anni a seguire, dal 613 al 622, la predicazione di questa nuova rivelazione, che metteva fuori gioco tutte le vecchie divinità pagane care alle tribù arabe Quraish che abitavano la città di La Mecca, trovò consensi ma anche accaniti avversari.

 

 

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