BENEDETTO, BOEZIO E LA CORRUZIONE DELL’OCCIDENTE (di Marco Invernizzi)

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C’è un passaggio, nel romanzo storico di Louis de Wohl sulla vita di san Benedetto (La città di Dio, BUR 2019), particolarmente drammatico e in qualche modo adatto a descrivere il nostro tempo.

Quando Rusticiana, la giovane vedova di Severino Boezio (475/7-524/5) e figlia del senatore Simmaco (+ 524/5), entrambi appena assassinati dal re ostrogoto Teodorico (454-526), riceve il decreto di espropriazione di tutti i suoi beni, percepisce nel suo cuore quel senso di disperazione e di incapacità di reagire che percepiscono oggi, spesso, quelli che vorrebbero fare del bene e si trovano di fronte alle soverchianti forze del male. In poco tempo, forse troppo poco per essere realistico, la giovane aristocratica romana intravede, grazie alle congetture di Pietro, il figlio adottivo di Boezio, la possibilità della vendetta attraverso una soluzione politico-militare, che avrebbe spodestato il re goto con l’appoggio dell’impero bizantino.

Contemporaneamente, nelle stesse ore, Benedetto sta già costituendo i primi monasteri, che costruiranno l’Europa cristiana, dopo che il futuro fondatore del monachesimo occidentale aveva lasciato Roma con una decisione drastica, convinto che la lussuria, la confusione e la corruzione che dilagavano nell’Urbe la rendessero inadatta a un giovane che voleva cercare Dio e la Sua volontà sopra ogni altra cosa.

Quel mondo assomiglia in parte a quello di oggi. L’Occidente era marcio, molto marcio: nelle classi dirigenti certamente, ma anche nelle componenti intermedie della società. La Roma tradizionale, aristocratica e contemporaneamente popolare, stretta attorno al Senato, che era la sua massima magistratura, non c’era più: le insegne imperiali erano state trasferite a Costantinopoli, ormai diventata la capitale dell’impero romano, l’unico rimasto. Le due Chiese, latina e orientale, erano ancora in comunione, sebbene diverse per spiritualità, teologia, diritto, e riconoscevano l’autorità del vescovo di Roma.

Non che a Costantinopoli non ci fossero i mali dell’Occidente, ma l’impero era ancora molto forte, apparentemente almeno, sebbene sempre minacciato dai Persiani e dalle discordie interne. L’imperatore era Giustino (450-527), ma si apprestava a sostituirlo il nipote Giustiniano (482-565), che sarà un grande imperatore da un punto di vista legislativo, ma anche dal punto di vista politico.

La confusione in Occidente era elevata e ognuno si comportava come meglio credeva, in buona fede alcuni, in cattiva fede altri. Tra i buoni c’era senz’altro Severino Boezio, grande filosofo e stimato patrizio romano, appartenente alla nobile famiglia degli Anici. Non amava i Goti e si rendeva conto di come Roma fosse decaduta, ma proprio per questa mancanza di risorse romane decise di servire il re Teodorico, che gli aveva chiesto di occuparsi del bene comune di Roma. Lo servirà per vent’anni, prima di incappare nell’odio folle e omicida del Re goto, che lo fece assassinare ritenendolo un traditore, anche se non era vero.

Un altro che servì il re goto sperando di contribuire a salvare o migliorare Roma fu Cassiodoro (485ca-580ca), prima che anche lui se ne andasse in Calabria, a costruire una delle più significative comunità monastiche del tempo.

Il mondo contemporaneo è in preda alla confusione e alla corruzione come quello di allora. È finita un’epoca con il 1989, come era finita allora con la fine dell’impero romano d’Occidente, avvenuta nel 476; sono cominciate migrazioni che nessuno riesce a controllare e rendere ordinate, così come allora le invasioni barbariche sembrarono capaci di distruggere ogni traccia del glorioso passato.

Ma le radici possono riprendere a dare frutti, se qualcuno ricomincia a coltivarle. Allora fu il cristianesimo a svolgere questa funzione di rinascita, e in particolare san Benedetto, come racconta lo stesso libro di de Wohl. San Benedetto, ma non solo. Accanto a lui Severino Boezio, che non lasciò Roma, come aveva fatto il giovane di Norcia, ma la servì fino alla morte consigliando il re ostrogoto, e con grande lealtà, fino a che una calunnia lo condannò alla morte. Entrambi diedero un apporto importante alla costruzione di una cristianità, ma con ruoli diversi, solo apparentemente contraddittori. E come loro fu un altro grande, Cassiodoro, anche lui servitore del re barbaro, mentre quelli che si ritenevano gli unici “veri romani” di allora, i “giovani leoni” del Senato, si riunivano per parlare inutilmente, senza fare nulla di utile se non del “gossip”, come dice spesso Papa Francesco a proposito del “chiacchericcio” che distrugge ambienti e non costruisce nulla di buono.

Da quel mondo confuso e corrotto uscì un mondo convertito, certo non perfetto, ma un mondo che non disprezzava il Vangelo e cercava spesso di metterlo al centro della vita, anche quella pubblica. Nacque un mondo cristiano, che durerà mille anni perché alcuni uomini, in modo molto diverso e solo apparentemente contraddittorio, seppero dare la vita per costruire qualcosa di grande, dicendo sempre la verità anche quando portava alla morte (Boezio) o alla fatica della solitudine (Cassiodoro) o a un lungo e oscuro lavoro di evangelizzazione e di apostolato culturale (Benedetto).

Quello che fecero quegli uomini straordinari può essere ripetuto ancora oggi. Servono però uomini che sacrifichino la loro vita per il bene comune, per la gloria di Dio, come fecero Boezio e san Benedetto, uomini che sappiano rinunciare al potere per dedicarsi a Dio come Cassiodoro. Senza uomini così nulla si potrà fare di bene, ma con questi uomini anche oggi può nascere un mondo migliore, una civiltà bella e grande, come quella che nacque allora.

Lunedì, 27 marzo 2023