CHINA VIRUS

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Il Coronavirus è il frutto di una combinazione tra due infezioni virali, ma non si sarebbe sviluppato in maniera naturale.

Questa è la teoria del professor Giuseppe Tritto, presidente del World Academy of BioMedical, che a Fatti e Misfatti (TGCOM24) ha presentato il suo ultimo libro “Cina Covid19 – La chimera che ha cambiato il mondo” e ha parlato di come la causa della pandemia globale sia stata creata in un laboratorio.

“SarsCov2 è definita una chimera ricombinate. Ciò significa che nasce da due ceppi diversi che unendosi originano un nuovo agente virale”, spiega Tritto. “I ricercatori hanno isolato due ceppi di virus, uno trasmesso dai pipistrelli e uno dai pangolini. Ma non ci sono possibilità che queste due infezioni si siano unite tra loro in maniera naturale”.

Due specie “incompatibili” – I due ceppi di Coronavirus isolati hanno delle affinità molto alte con quello riscontrato nell’uomo. “Il virus isolato nei pipistrelli è affine al 94%, quello riscontrato nel pangolino addirittura il 96%”, continua Tritto. “In medicina esistono delle ricombinazione chiamate wild. Sono mutazioni naturali, non create in laboratorio. Nel nostro caso però, è molto difficile che i due animali siano entrati a contatto”. Il pangolino è un formichiere asiatico con delle scaglie protettive lungo tutta la schiena. “Per avere una chimera ricombinante, un pipistrello avrebbe dovuto mordere il pangolino così a fondo da trasmettere il virus, il che è impossibile”. 

Il laboratorio di Wuhan – In ultimo, il professor Tritto si concentra sul laboratorio di Wuhan dove crede sia stato realizzato il virus. “È un laboratorio classificato P4. Ciò significa che al suo interno vengono trattati patogeni certificati come dannosi per l’uomo. Queste strutture clonano virus e batteri per valutarne la virulenza e devono sottostare a rigorose misure di sicurezza”. E, aggiunge: “Quasi sempre lavorano in parallelo con i laboratori militari“. 

Nella postfazione del libro (Cantagalli Editore, Siena, 2020, pagg. 272) il Prof. Luigi Frigerio si interroga e ci interroga: «Possiamo fidarci del modello sociale e politico cinese? Questo modello incarna lo Stato autoritario che esalta lo sviluppo economico a discapito della libertà e può apparire affascinante per alcuni. Ma questo modello non può essere esportato in Paesi dove la cultura e la storia avanzano nel solco della democrazia. Dobbiamo scegliere fra un progetto collettivo di salute che nega la libertà in cambio di sicurezza, oppure una visione di salvezza che cerca il senso della vita accettandone gli inevitabili rischi. È impossibile azzerare i rischi dell’esistenza. Di paura si muore e di rischio si vive! Possiamo affrontare il pericolo in modo intelligente per evitare il tracollo sociale e riprendere la vita in tutti i suoi aspetti. Ben venga allora il contagio della libertà contro la paura che nega ogni legame e spegne la vita di tutti!».

 

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