CIELOCHIARO (di David Taglieri)

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Capita talvolta rovistando nelle antiche biblioteche domestiche di ritrovare dei libri scrigni di pensieri indelebili,  di cui si aveva dimenticato titolo e autore ma non concetti profondi e illuminanti che restano impressi nella mente.

Cielochiaro” di Romano Battaglia (pagg. 172, Bur Edizioni, 1996) è il tentativo di rivalutare la semplicità delle storie genuine di paese proiettandole su due livelli: il piano interiore e quello soprannaturale.

“Una volta un vecchio amico mio mi raccontò che sparso fra le Apuane c’era un paese dove regnavano la pace e la serenità, le case piccole, la piazza piccola, la chiesa piccola, di grande c’era solo il cuore della gente.”

L’autore sta attraversando una crisi esistenziale, un uomo nel pieno della maturità, non contento di quello che possiede crede di non aver mai conosciuto il sorriso e la felicità.

I momenti di crisi e tensione si dimostrano spesso una prova dura e sofferente, in grado di regalare, però, esaltanti momenti di pace, gioia e soddisfazione nell’intervallo fra una difficoltà e l’altra.

Battaglia ci spiega che incredibilmente attraversiamo una fase di estrema felicità quando riusciamo a confrontare il prima della tempesta ed il dopo della quiete, e ringraziamo il Cielo per averci messo di fronte a quella situazione, occasione per rivalutare positivamente la nostra Vita.

In chiave autobiografica il giornalista-poeta si concede una sosta per riconoscere sè stesso nel paese – Cielochiaro – di cui gli aveva parlato l’amico contadino; luogo nell’oblio degli uomini, ma dove Dio è presente e palpabile.

Sette personaggi indimenticabili con la loro intima ingenuità, miscela di saggezza e semplicità, insegnano ad una persona di cultura a vivere con l’anima ed il cuore.

Vivere sono i frutti della terra, la fede generante sorrisi e speranza, alla luce del giorno perchè certi territori parlano di una luce del giorno gratis, senza costi.

Le descrizioni sono accompagnate da fotografie, con un paese accovacciato dietro una montagna, che nasconde le case.

Solo il campanile spunta in mezzo a quel verde.

Gli abitanti di Cielochiaro vivono di poche cose, ma lì per loro c’è tutto il mondo, il silenzio che guida, per riempire lo spazio dell’anima rimasto vuoto.

Il tempo si è quasi fermato, la vita è semplice in quanto non conosce invidia, rancori, mentre si amano le creature intorno e tutto il creato.

Torna l’insegamento di Cesare Pavese, – un paese ci vuole, un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti -.

Ognuno di noi ha un Paese nell’anima, il luogo del radicamento, dove si è passata più vita e vissuto.

I pensieri luminosi diventano Valori, il pensiero si fa Amore, Infinito.

Battaglia intervistando i suoi personaggi ne osserva gesti e movimenti e comprende che l’elemento di salvezza qui è la meraviglia dello stupore.

Felicità e serenità dipendono dalla Nostra Volontà, la volontà di inseguire gli Ideali. Non bisogna che cessi la pioggia per mettersi in cammino, ci si può bagnare di errori perchè l’umanità è così, ma nella capacità di migliorarsi e correggersi, senza mai perdere di vista l’obiettivo, che è la Montagna della Verità.

“Spesso si cerca tutto e subito” – dice uno dei contadini -, “pechè pensiamo che la vita è tutta qui, e non consideriamo che essa rappresenta un Momento fra due eternità, da dove veniamo e dove andiamo”.

“Se manca sempre qualcosa nella tua vita è perchè non hai guardato abbastanza in Alto”.

E poi i due grandi amici del tempo riflesso e meditato: i libri ed il camino, i fratelli del lungo inverno, accompagnano il freddo e i paesaggi rustici e ridenti, imprimono saggezza, arricchiscono la conoscenza già vasta dell’esperienza, quella dei campi da arare, delle messe di paese, delle chiacchiere fra le vecchiarelle nel borgo.

Colpisce la delicata semplicità quasi commovente dei discorsi, accompagati da massime filosofiche, perle per intuire che anche attraverso i mezzi della rinuncia, del sacrifico e della vita limitata si può arrivare a percorrere la strada della Verità.

La Felicità è anche sapersi coltivare una dimensione interiore, al di là dei confini di spazio e tempo.

La Natura si può manifestare perfino attraverso un pettirosso, od una farfalla; nel borgo convinzione comune è che certi fenomeni vengono mandati dall’alto per dire che le anime dei nostri cari seguono il Nostro Destino, posandosi davanti a noi o svolazzandoci intorno, brevi movimenti fisici che nascondono intensità e grandezza del messaggio, nulla è caso.

E noi ci crediamo e ci speriamo.

Le case e gli alberi che profumano di poesia, i personaggi del passato attraverso la loro memoria impressa nella popolazione del villaggio ricolmano le assenze urbane per l’individuo disperso in città, nella solitudine globale; e ancora l’uomo di fronte alle Montagne fisiche e “veritiere” si sente minuscolo, impotente, minimo, ma da quel contatto con la Natura ritrova entusiasmo e risorsa.

Solo l’Infinito attraverso la Natura fa grandi le cose in cambio di nulla, qui tutto sfuma e le nevrosi cittadine diventano inutili e banali.

Chiarisce Battaglia che lo stesso Dostoevsky parla di un amore incondizionato di Dio per gli uomini, uomini che devono essere amati anche nei loro peccati perchè un simile Amore solo ci avvicina all’Immensità.

Lo stress delle grandi metropoli è il singolo, isolato, che rincorre le grandi nuvole ed il mistero della notte, perde la luce del sole, mentre il tempo libero diviene una mera gestione e sparisce la riflessione che risveglia l’uomo dal torpore.

E’ perdita di dimensione geografica, di rapporti amicali, del riconoscimento di radici e radicamento, di relazione gerarchica con Ordine e Autorità.

E alla fine il Grande Incontro, quello che farà comprendere la Vita: basta non prendere troppo sul serio le nostre capacità e riconsiderare invece i Doni del Creato, bastano poche frazioni talvolta per perdere sè stessi, il Sovrannaturale, gli amici e la quotidianità.

Non sono gli eventi che cambiano la nostra esistenza ma gli occhi con cui li guardiamo.

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