DA MARIAZELL A ESZTERGOM, DA OTTO A MINDSZENTY. FINO AL BEATO CARLO (di Guido Verna) – Ultima parte –

1198

 9. Le patrie di Carlo.

Tre anni dopo, Carlo preferisce l’esilio alla abdicazione e il 23 marzo del 1919, dopo 700 anni di regno degli Asburgo, parte con la famiglia per la Svizzera, dopo aver assistito tutti insieme alla Messa che «[…] Otto […]  serviva come cherichetto» [IMS, p.181].  

«Stephan Zweig lo vide uscire dall’Austria alla stazione di Feldkirch, “dietro il vetro del finestrino, ritto in piedi accanto alla sposa Zita, vestita di nero. Tutti noi avvertimmo in quella visione tragica il passare della storia. Gendarmi, soldati, agenti di polizia, tutti erano imbarazzati e distoglievano quasi vergognosi lo sguardo. Non sapendo bene se fosse permesso l’antico inchino ossequioso, le donne non osavano alzare gli occhi, nessuno parlava, e nel silenzio si udì d’un tratto il singhiozzare di una vecchia donna in lutto, venuta, chissà da dove, per vedere ancora una volta il suo Imperatore. Finalmente, il capotreno diede il segnale della partenza …” » [cit. in PBU, p.30]

Il  24 marzo del 1921 Carlo tornò in Ungheria per il primo tentativo di restaurazione, che fallì malgrado il successo di popolo, in mezzo al quale c’era un giovane prete che «[…] ebbe a dire con rabbia: “Se solo avessi un poco di potere, il re non dovrebbe lasciarci come un cane bastonato, ma andrebbe in trionfo a Buda, lì nel luogo che gli appartiene, a palazzo reale”: quel giovane prete era destinato a diventare famoso, più tardi. Si trattava di don József Mindszenty » [IMS, p.184].  

Carlo tentò per la seconda volta sette mesi dopo, ad ottobre, ma ancora senza successo.

Allora, «[…] una cannoniera britannica lo trasportò, insieme all’imperatrice Zita, da Baja a Madera, il luogo dell’esilio. Il nunzio apostolico gli diede, su queste rive [di Baja ndr], la benedizione. Così l’ultimo Absburgo discese il Danubio, il fiume della sua corona, incontro al Mar Nero, al Mediterraneo, alle Colonne d’Ercole, all’esilio [CMA, p.327] ».  

Il 19 novembre 1921 infine arrivò a Funchal, dove il 1° aprile 1922, in modo esemplare, sarebbe morto e salito in Cielo per entrare nella schiera dei santi.

Mindszenty aveva scritto: «Quando il tempo era bello, guardavo le rondini volare e pensavo tra me: “Arrivano in primavera e se ne vanno in autunno; il destino ha assegnato loro due patrie; noi invece ne abbiamo una sola e l’abbiamo perduta. Ma forse non per sempre! ” » [JMI,p.284].

Carlo la perse per sempre. Ma ne trovò subito un’altra, quella che aveva sempre amato e desiderato di più: la Patria celeste.

 

Cappuccini. Ma non solo. 

Avevo “rincontrato” metaforicamente Otto, il figlio dell’ultimo Imperatore, il 19 agosto dello scorso anno, sul confine austroungherese, vicino al Neusidlersee, partecipando al cosiddetto Picnic Paneuropeo, una cerimonia che da poco avevo scoperto ripetersi ogni anno dallo stesso giorno del 1989, per ricordare la manifestazione simbolica che col medesimo nome fu allora organizzata dall’ Unione Paneuropea internazionale, con il patrocinio proprio del suo Presidente Otto d’Asburgo e del Segretario ungherese di Stato, Imre Pozsgay e in cui «[…] il taglio cerimoniale fu affidato alla Signora Walburga Asburgo Douglas, quinta figlia di Otto e Segretario generale della stessa Unione. […] Si trattò di un taglio assolutamente sui generis: la madrina, infatti, usò cesoie e non forbici, perché tagliò il filo spinato e non un nastro: la cortina di ferro era stata infranta» [GV]. E qualche mese dopo sarebbe venuto giù il Muro…

Poi ho “rivisto” mediaticamente Otto, in occasione del suo funerale, durante la lunga diretta realizzata dalla televisione austriaca, e l’ho  accompagnato fino alla Cripta dei Cappuccini.

Quando era bambino, il padre Carlo sul punto di morte aveva chiesto a sua madre Zita: «Vai a prendere Otto. Voglio che gli rimanga un ricordo ed un esempio per la vita, affinché anche lui sappia un giorno cosa debba fare in questo caso da vero cattolico e imperatore» [cit. in OSA, pp.106-107].

Ora, mentre il Ciambellano picchiava l’uscio chiuso della Chiesa dei Francescani, mi sembrava si potesse dire: Otto l’ha fatto ed è stato fedele al testamento del  suo straordinario padre.

Mentre la porta si apriva per accogliere le spoglie del “povero peccatore”,  mi tornava in mente —  portando con sé una domanda — qualcosa che avevo letto lo scorso anno: «L’impressione di trovarvi ad una delle fonti dello spirito barocco si rafforza lungo la sbalorditiva parata delle arche dei Cappuccini. Gli ospiti reali e imperiali dimorano senza cuori e senza interiora [ma forse non vale per tutti ndr]. I cuori sono custoditi, entro urne di bronzo, nei sotterranei degli Agostiniani, e le  interiora in una sfilata di vasi tozzi e larghi che riempiono un’intera cripta di Santo Stefano< /em>» [PBU, p.27].

La domanda, allora, era questa: Otto entrava nella Kapuzinergruft “tutto”?

Ad essa, trovai risposta qualche giorno dopo, quando mia moglie mi segnalò un lancio di agenzia che non avevo visto: «Budapest, 7 lug. – L’urna con il cuore di Otto d’Asburgo, il figlio ed erede virtuale al trono dell’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria Carlo I e che è morto lunedì scorso, sarà custodita nell’abbazia benedettina di Pannonhalma, in Ungheria, Lo ha annunciato oggi un rappresentante della stessa abbazia, sottolineando che viene così attuata la volontà di Otto d’Asburgo, che aveva studiato e fatto la maturità nella scuola benedettina dell’abbazia» [aAN].

Da una breve biografia del Cardinale:

«Il giorno di Santo Stefano [!] del 1948 il Cardinale venne arrestato e condotto nella famigerata, terribile prigione di via Andrassy 60. Gli furono sequestrati il breviario, il rosario, “L’imitazione di Cristo”, la medaglia di Maria, l’orologio e il Codice di Diritto penale che si era portato dietro onde potersi difendere in mancanza di un avvocato.

L’accusa formale fu di alto tradimento per avere mantenuto i contatti con Otto von Habsburg [!] e con l’Ambasciata americana, testualmente “allo scopo di scatenare una Terza guerra mondiale» [MCA].

Dalle Memorie del Cardinale:

«Arrivai in Portogallo l’11 ottobre 1972. […] La sera del 12 ottobre presi parte alla fiaccolata di Fatima, il giorno successivo di buon mattino alla processione del rosario. Concelebrai la santa Messa con il Patriarca Ribeira […]. Il 14 ottobre a Coimbra visitai una delle veggenti di Fatima, suor Lucia. La mattina del 15 facemmo la via crucis sul Monte Calvario ungherese e io celebrai la santa Messa nella cappella di Santo Stefano. Nel pomeriggio ci rec ammo in aereo a Madeira. A Funchal celebrai la santa Messa per gli ungheresi sulla tomba del re Carlo IV, il cui cadavere era stato esumato proprio in quell’anno in occasione dell’avvio del processo di canonizzazione. Tema del mio discorso: il triste destino dell’ultimo re ungherese e la divisione della nostra Patria attirano la nostra attenzione sulle sofferenze quasi insopportabili del popolo ungherese».

[JMI, pp. 367-368].

Otto, il figlio dell’ultimo Imperatore, non poteva non far riposare il suo cuore in Ungheria.

Tout se tient.

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