ELOGIO AI GIOVANI D’ITALIA: IL LIBRO AUTOBIOGRAFICO DI MAURIZIO LUPI OFFRE L’OCCASIONE PER BEN VALUTARE LE NUOVE GENERAZIONI (di Alessandro Pagano)

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È di questi giorni la notizia del rapporto Bankitalia sull’occupazione giovanile nel nostro Paese.

Ha toccato quota 2 milioni e 200 mila il numero dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e che nemmeno studiano, dichiara Bankitalia, con un incremento del 10% negli ultimi 2 anni. Con queste cifre possiamo dire che in Italia quasi un giovane su 4 né studia, né lavora!

A fronte di questi dati, che potrebbero indurre il Paese ad una sorte di depressione collettiva, emerge però in contraltare un’altra realtà. C’è un mondo giovanile generoso e dinamico, capace di sfoderare orgoglio, capacità di superare le difficoltà e amore verso la collettività fuori dal normale. Mi riferisco ai numerosissimi ragazzi volontari che in questi giorni hanno sudato a fianco della Protezione Civile e dei residenti, per riparare i danni dell’alluvione di Genova; uno slancio che l’Italia ha notato e apprezzato più volte negli ultimi anni in altre occasioni altrettanto dolorose.

I ragazzi liguri hanno dimostrato ai loro coetanei e ai più grandi, con i fatti, come bisogna reagire al disfattismo e alla sfiducia. Questi straordinari volontari hanno mostrato al Paese che il servizio gratuito verso chi è in difficoltà e chi soffre può tradursi in atti concreti.

Loro sono i continuatori di quella grande tradizione che da sempre vede gli italiani animati da autentico altruismo. Sono degni figli delle generazioni che li hanno preceduti e che in altre epoche sono cresciute con il desiderio di migliorarsi, di cambiare quanto era sbagliato e di avere la speranza sempre accesa.

E oggi sempre più spesso stiamo riscoprendo le stesse qualità anche in questa generazione, quasi che le difficoltà stiano insegnando loro come reagire.

Giovanni Paolo II amava gli italiani. Da straniero aveva colto il senso più profondo del nostro ethos : “aveva una percezione della realtà e delle risorse del nostro popolo più acuta e profonda di quella di noi stessi italiani, talvolta tendenzialmente pessimisti e a volte rinunciatari”, così di lui dice il Cardinale Ruini in “Vita e Pensiero”, 2/2011.

Ebbene, cosa aveva visto di straordinario il grande Giovanni Paolo II in noi? Cosa aveva fatto incontrare il suo sguardo con il nostro popolo quasi come quello di Cristo con Zaccheo? Lui, che era un gigante, aveva capito bene che in noi il patrimonio di fede e di cultura cristiana era enorme. Come nessun popolo ne aveva. Oggi, in cui tutto sembra liquefatto, avere fede e cultura cristiana rappresenta una marcia in più. Maurizio Lupi nel suo “La prima politica è vivere”, un bel libro autobiografico che si legge in un “sorso” (Mondadori, 2011, pagg.100), racconta, talvolta in maniera commovente, di centinaia di associazioni no-profit fatte soprattutto di giovani che ogni giorno salvano migliaia di vite umane e che nel contempo creano occupazione.

Dall’associazione che offre assistenza scolastica, a quella che aiuta l’integrazione degli stranieri, a quella che aiuta i carcerati ad imparare un mestiere: tanti sono gli esempi citati di una gioventù positiva e fattiva.

Francesco Alberoni, sul Corriere, scriveva che a partire dagli anni ’70, un po’ per la “rivoluzione culturale”, un po’ per la “rivoluzione tecnologica”, l’uomo aveva messo al primo posto il proprio orgoglio e la propria superbia al punto di sentirsi quasi onnipotente. E qual è stato il risultato? Evidenti disagi psicologici che sfociano nelle droghe, nella ricerca della sessualità violenta, nella bramosia di potere, nell’egoismo spietato e nell’edonismo più vuoto.

Ma se nonostante questi disagi, che comunque sono comuni in tutta Europa, gli italiani continuano a portare avanti testimonianze di vero amore e di autentico sacrificio, come quella di Genova e non solo, vuol dire che le radici sono ancora vive e vegete e che qui c’è ancora tanta energia positiva.

Come pure quel ragazzo citato dal Vice Presidente della Camera. Pensate! Maurizio Lupi era stato invitato in TV a parlare della crisi dei giovani di fronte al lavoro (proprio l’argomento iniziale di questo approfondimento) e in un filmato viene intervistato un ragazzo, giovane laureato, impiegato come barista. Il messaggio che il conduttore voleva fare passare era chiaro: “che Paese è quello in cui un giovane appena uscito dall’università è costretto a destreggiarsi tra caffè,cornetti e cappuccini?”

E Lupi,con intelligenza e capacità di osservazione del reale, di rimando spiega a lui e ai telespettatori che “il gesto di quel ragazzo, l’accettare di mettersi in gioco facendo un lavoro «umile», vale di più di qualsiasi discorso. Perché non aspetti che qualcuno ti chiami [o che magari ti raccomandi, ndr], ma inizi a muoverti. Non aspetti il tuo lavoro ideale [o che qualcuno ti trovi un posto di lavoro, ndr], ma ti metti in gioco”.

Ecco! Questa è l’Italia che funziona e i giovani italiani di cui essere orgogliosi. Sono tantissimi! Più di quello che si possa immaginare. E danno testimonianza e buon esempio.

Con Maurizio alla fine della presentazione del suo libro concordavamo e ne eravamo certi: con questi giovani l’Italia ce la farà anche stavolta!

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