GIUSTIZIA: PIU’ VALORI, MENO IDEOLOGIA (di David Taglieri)

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Ritrovare fra antichi archivi degli editoriali fermi nel passato ma ancora significativi per fotografare un tema che è sempre tanto più attuale quanto irrisolto, può dare una mano a fare chiarezza sullo stato dell’arte della divisione dei poteri nel Bel Paese.

Giuliano Ferrara sul Giornale di domenica 13 marzo 2011 partiva da uno stratagemma poetico citando Montale per farci capire che la realtà intercettata dalla prosa, dai versi e dalla letteratura è estendibile ed assimilabile al mondo che ci circonda.

Il fondatore del Foglio, al di là delle visioni politiche dicotomiche ed eterogenee, inquadrò l’angosciante ed ideologica non collaborazione dei poteri dello Stato per proporre un cambiamento nel mondo della Giustizia, per riformarla, non rivoluzionarla, procedendo step by step, passo dopo passo con gradualità e gradualismo.

Gli stessi strumenti mediatici, ieri come oggi, cavalcano e cavalcarono la lotta ideologica anziché produrre sana informazione, solida formazione e stimolando una stampa di servizio.

La lotta faziosa di una parte dell’ordinamento giudiziario contro il potere legislativo e contro l’Esecutivo assume dei connotati insopportabili e invalicabili: una cosa inaudita dal punto di vista di Giuliano Ferrara, soprattutto per un Paese che ad ogni intervallo di tempo si dichiara liberal-democratico.

La penna del direttore prevede e stimola l’intervento di Giorgio Napolitano, allora Presidente della Repubblica e quindi del Consiglio Superiore della Magistratura, nel richiamare i magistrati ad una maggiore sobrietà.  

Svariate situazioni nefaste, assolutamente peggiorative della qualità di vita di coloro che, per esempio, incappano anche in cause ereditarie, si sviluppano per decenni e a farne le spese sono tante comunissime persone italiane.

Il magistrato inquirente dovrebbe essere messo sullo stesso piano del difensore, mentre chi giudica ha il dovere di stare al di sopra delle parti.

Dalla separazione pragmatica deriva la responsabilità verso i cittadini e quindi un elemento morale: ne va delle vite, delle esistenze e dell’elemento più prezioso, il Tempo, che non torna più.

Siamo fatti di chimica, emozioni, psicologia, pensiero, anima, salute: l’arroganza di taluni organi inquirenti procede come un tir sui diritti, perchè mancano delle bussole ferme, ispirate ai Valori.

Alla stessa maniera aggiungiamo che gli operatori nell’ambito della giustizia dovrebbero sostenere degli esami di psicologia, pedagogia e filosofia, per uscire da meri tecnicismi.

Dal passato al presente, la dichiarazione del professor Sabino Cassese – ripresa da varie fonti della stampa – avalla e promuove sostanzialmente la riforma Nordio, pur reputandola ancora morbida.

Sopprime un reato indicato in forma poco precisa, stabilisce il rispetto della vita privata delle persone indagate e non indagate, circonda di garanzie la custodia cautelare, perché non diventi una minaccia, cerca di evitare il ‘naming and shaming’, cioè l’usanza di additare il malcapitato di turno al pubblico ludibrio, mediante la pubblicazione di informazioni sulla vita privata.

Torniamo alla pragmatica attualità: il governo Meloni è diretto sul binario del proseguimento e perseguimento insistente della riforma della giustizia. Dopo la questione affrontata nei giorni scorsi sui test psico-attitudinali, recentemente il Ministro della giustizia Carlo Nordio ha voluto pianificare un cronoprogramma per quanto riguarda un’altra importantissima fase legata alla modifica dell’assetto giudiziario: ovvero la separazione delle carriere.

Come sempre serve la collaborazione di tutti, in primis dei media: evitino di dividersi nelle tifoserie dei garantisti e giustizialisti, mettendo al primo posto il rapporto fra Giustizia e Cittadini.

Non dimenticando quanto sia essenziale il dialogo nobile ed arricchente con altre branche del sapere: la filosofia, la psicologia, la Cultura in senso lato per rimettere la Persona al centro.

Ci auguriamo anche noi che il governo Meloni acquisisca maggiore incisività per realizzare le necessarie riforme, decisive per la più equilibrata divisione dei poteri.