I Polacchi deportati in Kazakistan furono decimati dalla fame e dalle malattie, soffrendo in modo indicibile, ma la preghiera poteva fare miracoli, come, per esempio, raccontò Lucyna Dziurzynska Suchon, sopravvissuta alle deportazioni del 1939-1940, quando aveva solo sei anni: «Mi ricordo di uno dei momenti più drammatici della nostra vita. Per diversi giorni non abbiamo mangiato niente, letteralmente niente. Era inverno. La baracca era interamente coperta di neve, Ma si poteva uscire grazie a un tunnel che qualcuno aveva scavato dall’esterno. … La mamma è potuta andare a lavorare. Aveva fame anche lei come noi. Stavamo sdraiati sul pagliericcio, stretti gli uni contro gli altri per tenerci caldo. Ci scintillavano delle lucine negli occhi. Non avevamo più la forza di alzarci. Faceva molto freddo anche nella baracca. … Dormivamo, dormivamo in continuazione.Mio fratello di tanto in tanto si svegliava e gridava “Ho fame”. Non riusciva a dire niente altro se non: “Mamma, sto morendo”. La mamma piangeva. È andata a chiedere aiuto nelle baracche vicine, dai nostri amici. Senza nessun risultato. Ci siamo messi a pregare: “Padre nostro…”. E probabilmente è successo un miracolo. Dalla baracca vicina è arrivata un’amica con una manciata di grano».
Ma il miracolo più grande e straordinario sarebbe avvenuto nel 1941, a Oziornoje, il villaggio fondato dai deportati cattolici polacchi cinque anni prima.
Con l’inverno, come sempre, era arrivata, insieme al freddo micidiale e alla neve, una terribile fame. In più, in quei primi mesi dell’anno Stalin, cominciando ad avvertire il pericolo tedesco (tre mesi dopo, il 22 giugno, le divisioni hitleriane sarebbero entrate nel territorio dell’Unione Sovietica, lanciando la cosiddetta «Operazione Barbarossa»), aveva stabilito di mandare tutto il cibo alle truppe che si preparavano alla battaglia. I poveri deportati, ridotti allo stremo, erano disperati… «Non si riusciva più a sfamare i bambini. Tutti gli abitanti del paese cominciarono a chiedere aiuto alla Madonna, pregando il rosario nelle loro case a porta chiusa». E a marzo avvenne il miracolo…
La neve cominciò a sciogliersi e, misteriosamente, un lago in secca da tanti anni tornò improvvisamente a “vivere”. E dove il giorno prima era solo steppa, ci fu di nuovo il lago … un lago diventato grande, profondo cinque metri e lungo circa cinque chilometri. E non solo grande, ma, ben di più, tale da nascondere “dentro” di sé la vita: le sue acque erano, infatti, miracolosamente piene di tanti grossi pesci! Talmente tanti, che riuscirono a sfamarsi non solo gli abitanti di Oziornoje – ora sono 600, allora forse erano 1.500 -, ma anche quelli dei villaggi sia vicini sia lontani, fino agli affamati dello sconfinato sistema di gulag di Karaganda.
«E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene.» (Mt 14,19-20)
«Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.» (Mt 15,35-37)
Dunque ancora una “moltiplicazione dei pesci”, la terza!
Avendo cercato prima di tutto il regno di Dio e la Sua giustizia, avevano da Lui ricevuto – in aggiunta – anche il sostegno necessario alla loro vita terrena!
E ai poveri affamati sembrò di trovarsi, come in illo tempore, sulla sponda orientale del lago di Tiberiade…
Nessuno riuscì a trovare una spiegazione scientifica del fenomeno. La spiegazione la trovarono i buoni e fedeli cattolici polacchi che sapevano guardare “oltre” la scienza. Si ricordarono del libro di Isaia – «Allora lo zoppo salterà come un cervo / griderà di gioia la lingua del muto / perché scaturiranno acque nel deserto / scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude / il suolo riarso si muterà in sorgenti d’acqua / I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli / diventeranno canneti e giuncaie» (Is, 35, 6-7) – ma, soprattutto, trovarono la conferma di quanto già “sapevano” bene, cioè della straordinaria potenza dell’arma del Rosario, che in quei terribili giorni avevano impugnato con fede incrollabile e con tanta forza.
Dio, attraverso la mediazione della Madre e del Figlio che loro così intensamente avevano sollecitata, li aveva ascoltati… e lo aveva fatto in modo tale che potessero “sapere” ancora meglio: quel martedì 25 marzo 1941 non era, infatti, un giorno qualunque, era il giorno della festa dell’Annunciazione!
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