ORIANA FALLACI: CUORE STANCO, PIU’ DELLA VOCE (recensione a cura di David Taglieri)

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Quando parli di Oriana Fallaci -nel bene o nel male-  spacchi in due una mela, perché la scrittrice fiorentina o la si ama o la si rifiuta, ma il suo parlare in maniera netta fa parte del suo carattere, del suo essere onesta intellettualmente ma politicamente scorretta, sempre concreta.

Firenze e la Toscana vivono in lei; il vissuto legato ad una delle terre più intrise di cultura dell’Europa e del mondo viene fuori dalle pagine dei libri e in maniera invisibile raggiunge le nostre menti facendo volare i pensieri.

Perché Oriana scrive anche quando la penna si riposa, perché a detta del geniaccio della città gigliata lo scrittore è tale anche quando pensa, dorme, agisce nella vita di tutti i giorni.

Il mio cuore è più stanco della mia voce” (Rizzoli, 2013, pagg. 208) è una raccolta di conferenze alle quali ha presenziato Oriana, da divulgatrice universitaria, che mai si metteva in cattedra a dire “io sono il Professore, voi gli ignoranti” (ovvero il contrario di ciò che fa l’attuale professore-premier…).

Come lei, vorrebbero essere tutti i veri giornalisti inviati di guerra, con il coraggio e il senso della realtà. Per molte donne invece Oriana è icona di femminismo saggio e misurato. Portare avanti le buone battaglie dell’uguaglianza, restando femminili, quella femminilità che insegna l’Oriana nazionale, è valore aggiunto delle donne, specificità, tatto, sensibilità.

Nel libro c’è il rapporto con la lingua inglese (simpatico l’inglese secondo Oriana, l’autoironia non manca mai), la visione degli Stati Uniti, Paese pieno di contraddizioni ben conosciuto dalla nostra Autrice.

Tanti gli spunti di carattere politico, dagli anni ‘70 all’attualità: la Politica con la maiuscola, in rapporto all’educazione, alla responsabilità, al dovere civico.

Scrivere è già politica in senso buono, perché è prendere posizione, anche con le poesie -molte nel libro-, anche con la cronaca (i fatti non saranno mai riportati senza un minimo livello di soggettività). E questo è un bene per la Fallaci.

La voce si fa scrittura sul foglio bianco della vita, non si può restare zitti, ci vogliono passione delle idee e coraggio delle azioni. Il rapporto fra politica e libertà vede protagonista l’individuo, che non deve stare in silenzio o aspettare che gli eventi accadano, ma fare il possibile per manovrare al meglio il proprio grado di indipendenza, che tanto sarà grande e forte, quanto più egli comprenderà che la democrazia la fa lui, nella vita di tutti i giorni e con le piccole cose.

’Sono uno scrittore e quando uno scrittore guarda un albero senza foglie …non vede soltanto un albero senza foglie…vede le foglie che quell’albero avrà in primavera…’’.

La scrittura è sofferenza, è passarci dentro, non schivarla con superficialità; quella sofferenza poi farà apprezzare meglio la gioia, quando gioia, finalmente, sarà.

Tanta rabbia positiva, la reazione contro i suoi nemici di sempre nella stampa e nella politica, italiana ed estera.

Scrivere è anche bagnare la carta con le lacrime dell’anima, la scrittura si fa emozione nel lettore, e per magia in un momento unisce autore e fruitore dell’opera. Questa è la bellezza della scrittura, e della lettura che va di pari passo.

Un elogio alla penna e un’occasione per restare connessi con il suo pensiero, sempre, anche ora che ci guarda da lassù.

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