RODIN IN MOSTRA A ROMA (di David Taglieri e Omar Ebrahime)

717
Rodin: la celebre porta dell'inferno
Rodin: la celebre porta dell’inferno

Continuano le domeniche culturali elaborate dal Centro Culturale di Roma con una formula dinamica a base di arte e letteratura, interventi di esperti e studiosi, aperte a tutti. Domenica 16 marzo è stata la volta di Auguste Rodin (1840-1917), il grande scultore francese amante dell’arte italiana (da Dante a Michelangelo) di cui è in corso una mostra (fino al 25 maggio) alle Terme di Diocleziano: “Rodin: il marmo, la vita” che espone oltre 60 opere in marmo (si tratta della più grande mai realizzata, almeno nel nostro Paese), per lo più incompiute. Tema dell’incontro era infatti La bellezza dellimperfezione. Rodin l’arte e l’artista” e il senso della diffusa incompiutezza che caratterizza l’intera produzione del francese. Ne ha trattato estesamente la storica dell’arte Beatrice Buscaroli (docente dell’età contemporanea all’Università di Bologna) che lo ha definito l’unico vero scultore dell’Ottocento, il secolo che vede il progressivo tramonto dei canoni estetici tradizionali (o dei loro residui) e l’affermazione degli elementi di fondo che caratterizzeranno poi le avanguardie di primo Novecento e tutto lo sperimentalismo successivo. Da questa prospettiva, Rodin appartiene ancora alla scuola classica o – almeno – che si rifà alla cornice della classicità (non a caso appare visibilmente immediato il confronto con l’amato Michelangelo) evolvendosi poi fino a sposare i modelli fondamentali del tardo rococò. Considerato un dissidente, in realtà non fu un contestatore, perlomeno non se diamo al termine quell’accezione culturalmente politicizzata e un pò da deriva sociale che ha assunto oggi. Tantomeno, contrariamente a quanto scritto in passato da taluni studiosi, fu un ‘solitario’: tutt’altro, la sua officina poteva contare infatti su decine di collaboratori fra apprendisti ed esecutori di opere e, tra questi, diverse donne (compresa quella Camille Claudel (1864-1943), sorella del più noto scrittore cattolico, con cui intrattenne una relazione sentimentale che avrà effetti devastanti su entrambi: in seguito alla rottura del rapporto lei finirà in effetti internata in manicomio, dove trascorrerà ininterottamente gli ultimi trent’anni della sua vita).

Non va poi trascurata l’influenza del viaggio in Italia del 1875, quando Rodin riscoprì dal vivo la lezione immortale di maestri quali Donatello e Michelangelo: come amante appassionato del bello egli amava d’altronde visceralmente la cultura italiana e tutto quello che aveva trasmesso nel corso dei secoli all’umanità: esemplare appare da questo punto di vista “La porta dell’inferno”, la scultura in bronzo su cui lavorò per più di trent’anni (commissionatagli nel 1880 per il Museo di Arti Decorative di Parigi) e dove riassunse – rappresentando in dettaglio ben 180 figure! – i motivi principali dell’inferno dantesco della Divina Commedia raffigurando (oltre allo stesso Dante), Paolo e Francesca e Adamo ed Eva. Modello ispiratore per l’opera (fonte inesauribile di letture, interpretazioni ed ermeneutiche nel corso dei decenni) fu la porta del Paradiso del Ghiberti che si trova nel Battistero di San Giovanni a Firenze. Ma alla porta è legato anche il lavoro in assoluto più celebre dello scultore francese, ovvero “Il bacio”, il gruppo marmoreo inizialmente intitolato proprio a Francesca da Rimini e alla vicenda dei lussuriosi narrata nel V canto dell’Inferno e dove i critici hanno scorto le sembianze della stessa Camille Claudel. Oggi è conservato nel Museo nazionale intitolato a Rodin proprio a Parigi. 

Sempre animato dalla ricerca di un equilibrio fra idealità e realizzazione, lo scultore cercò a più riprese l’ordine, le misure e un certo rispetto dei dati della realtà, come pure di conservare una fedeltà alla memoria del passato, quel passato che torna attuale e può ispirare un modo fecondo di considerare il futuro.Vivace fu anche il suo dialogo con la cultura contemporanea attraversata da fermenti di ogni tipo (da Rilke a Baudelaire), con cui – peraltro – come vuole la storia in questi casi, il confronto fu spesso altalenante e conflittuale. Lo ha confermato anche Lea Mattarella, storica presso l’Accademia di Belle Arti, che – sottolineando più gli aspetti innovativi che i suoi maestri ispiratori – ha chiarito quanto sia stato determinante per lui essere stato un contemporaneo degli Impressionisti che allora si affacciavano per la prima volta sulla scena europea e ne avrebbero dettato gli orientamenti estetici di lì a poco, specialmente in Francia, sconvolgendo prospettive un tempo radicate. Dunque analisi colta dell’antichità e rinnovamento all’interno dei suoi aspetti più tradizionali: qui viene fuori tutta la grandezza del genio che talvolta è stata poco compresa. Se è vero che l’arte di questo periodo vede il tramonto delle ‘grandi narrazioni’ (come ad esempio le monumentalità celebrative della civiltà di appartenenza, da cui peraltro Rodin rifugge) resta comunque la consapevolezza che solo guardando a “chi fuor li maggior tui”, per citare ancora Dante (è ovviamente il canto X dell’Inferno), che si può trovare una via di fuga nella bellezza, sempre incompiuta e mai perfetta s’intende, giacché la sfida del vero studioso del bello resta quella di cogliere una scintilla dell’eternità immortale nel presente e, con ciò, cercare di pregustare qui e ora il segreto stesso dell’eterno.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui