COME LA CIVILTA’ ISLAMICA MEDIEVALE ATTINSE DAL CRISTIANESIMO

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Non-è-lo-stesso-Dio

Il debito dell’Islam nei confronti del cristianesimo quasi annulla la dimensione del debito che il cristianesimo medievale avrebbe contratto con l’Islam. Il giornalista e scrittore Carlo Panella ce ne spiega il perché in un capitolo del suo recentissimo libro “Non è lo stesso Dio non è lo stesso uomo” (Edizioni Cantagalli, 2009, Siena, pagg.198, euro 13,80).

“…Il processo di profonda ibridazione culturale subito dai romani, cui bastarono pochi decenni per essere presi dalla cultura ellenistica, si replicò parzialmente quando i musulmani conquistarono l’immenso territorio che andava dall’Andalusia all’India. Questo processo fu tanto radicale che modificò, ma solo per alcuni secoli – quelli della grande civiltà araba – la stessa immagine, la stessa concezione dell’uomo quale era stata delineata nel Corano. Nei cinque secoli di civiltà arabo-islamica egemone, ma solo in quelli, l’incontro con la cultura ellenistico-giudaico-cristiana mutò infatti profondamente la stessa antropologia coranica, che divenne altra. Solo recentemente la storiografia ha iniziato a sondare quel passaggio che pure era così evid ente, ma mai studiato: l’assunzione dell’eredità bizantino-cristiana (quindi anche ellenistico-giudaica) da parte del mondo musulmano. Era evidente che da qualche parte era arrivato nel nerbo stesso della cultura islamica e della sua civilizzazione un enorme apporto del cristianesimo e di quanto lo aveva preceduto e formato. Era evidente, insomma, il debito immenso che la civilizzazione islamica aveva contratto nei confronti del cristianesimo – e dell’ebraismo – professato ai più alti livelli di elaborazione culturale da tutti i popoli che l’Islam aveva conquistato nell’arco di pochi decenni…Nel XIII secolo le orde mongole distrussero l’Impero Abbasside, ma non è per questo che l’apogeo della civiltà musulmana, che possiamo indicare nell’opera di Averroè, segnò anche l’inizio di un suo rapido precipitarsi nel burrone dell’insignificanza, del la perdita di contatto con il tempo e con la storia. La nostra ipotesi è che tutto inizi e finisca non solo nella teologia implicita nel Dio disegnato dal Corano, ma soprattutto nel peso, nella zavorra, nell’impaccio che l’uomo descritto dal Corano apporta alla stessa teologia, alla stessa possibilità che il pensiero alto islamico – Averroè, appunto – potesse attecchire e fruttificare e non essere ignorato, avversato, mai compreso, come invece avvenne…” (pagg. 61-63).

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